Presumibilmente realizzato negli anni 1618-1619, questo dipinto raffigurante una scena del mito di Atalanta è stato successivamente inserito nella collezione di Gaspar Bracamonte e Guzmán, viceré di Napoli tra il 1658 e il 1654. Il quadro ha fatto parte dei fondi del Prado sin dalla sua fondazione, nella prima parte del XIX secolo. Secondo i responsabili del museo spagnolo, l'opera costituisce appunto "un pezzo fondamentale" del catalogo del Reni, a sua volta considerato, spiega Úbeda, "uno dei nomi più importanti" della "cultura condivisa" con "l'Europa e l'Italia". Un'altra versione del dipinto, sempre attribuibile al Reni, è custodito nel Museo di Capodimonte di Napoli.
Parlando all'ANSA, il capo del dipartimento di pittura italiana fino al 1800 del Prado, David García Cueto, ha spiegato che l'Ippomene e Atalanta conservato a Madrid "è una di quelle opere che, in sé, riunisce tutto il genio di una città e di un periodo: la città di Bologna e il periodo barocco. Guido Reni è, qui, l'artista capace di materializzare questa condensazione di genio in una sola opera".
I lavori di restauro del dipinto — curati dalla specialista Almudena Grandes e sostenuti dalla Fondazione Iberdola — sono durati circa "un anno e mezzo", ha aggiunto García Cueto.
"Questa durata si deve non solo alle dimensioni della tela (206 X 279 cm, ndr), ma anche al bisogno di far partire un processo di rigenerazione: è un tipo particolare di restauro, che cerca di ristabilire chimicamente i pigmenti, rimasti un po' alterati con il passare degli anni". In particolare, l'intervento è servito soprattutto a "ristabilire la tridimensionalità dell'opera", perché "la zona di cielo e quella di terra" rappresentate nel quadro "erano rimaste un po' confuse". Uno dei risultati principali è che, in questo modo "abbiamo guadagnato molto in qualità della luce sui corpi", ha concluso García Cueto.
Come indicato dallo stesso esperto in una presentazione del restauro, grazie a questi interventi è emersa una nuova chiave d'interpretazione del dipinto: distanziandosi dall'aspetto "caravaggesco" che aveva acquisito con l'invecchiamento, il capolavoro del Reni appare ora un'opera dotata di "grande luminosità e forza espressiva". (ANSAmed).