"Radio Bullets è fatta da giornalisti freelance che preparano podcast e testi, siamo cinque donne e due uomini la cui missione è parlare dei popoli dimenticati, come quello afghano", ha spiegato Schiavulli, che ha denunciato un'emancipazione delle donne "tradita dall'Occidente". "I Talebani non sono cambiati e la situazione nel Paese è disastrosa per tutti, soprattutto per le donne il cui destino è soltanto sposarsi presto e fare figli, cioè patriarcato in purezza", ha continuato la direttrice di Radio Bullets, che va avanti grazie ai contributi dei propri abbonati.
In Afghanistan "c'è una crisi umanitaria devastante: il 97 per cento della popolazione è sotto la soglia di povertà e 4 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, con tre milioni e mezzo di sfollati. Le Ong rimaste si sono riciclate in progetti di assistenza sanitaria, ma non si parla più del diritto delle donne di studiare, fare sport o dedicarsi alle proprie passioni, e coloro che avevano sperimentato queste libertà adesso vivono al chiuso con diffusi casi di depressione, crolli psicologici ed emotivi", ha affermato la giornalista, che con i suoi colleghi continua a parlare di loro e non solo.
Tornando al Festival ma rimanendo in tema femminile, il MedFilm proporrà domani in replica alle 18.30, sempre al Cinema Savoy, 'La dernière reine', primo lungometraggio sul periodo pre-coloniale del Paese che vede in Adila Bendimerad la sua co-regista, co-produttrice, co-sceneggiatrice e attrice protagonista nel ruolo di Zaphira, regina che si muove tra storia e leggenda.
"Di sicuro esiste nell'immaginario algerino perché la conoscono tutti", ha detto ad ANSAmed la sua interprete, presente in sala durante la prima proiezione del film. "Ho cercato di immaginare come questa donna si potesse muovere in uno spazio politico e di potere occupato da soli uomini. Il film è ambientato nel XVI secolo e privilegia il punto di vista femminile, spesso smarrito e di cui abbiamo invece bisogno".
Il lungometraggio ha richiesto un lavoro di sei anni - nel corso dei quali è scoppiata anche la pandemia di Covid-19 - e ha avuto un budget basso con il quale, tuttavia, si è riusciti a costruire l'Algeria di quel periodo, "qualcosa che non abbiamo mai visto perché non esiste nulla di quel tempo, se non informazioni sparse". Lo studio per questa pellicola è durato tre anni, anche i costumi sono nuovi e il film "è il mio regalo all'Algeria. Zaphira è una donna simbolo, una scusa per parlare del mio Paese e della sua storia nella quale i nostri antenati, berberi e pirati, si sono combattuti, mentre ora convivono in pace. È un film epico che parla della nostra identità e un riferimento per una nuova generazione di cineasti", ha concluso Bendimerad. (ANSAmed).