Fondatore del Beirut Physical Lab, per anni danzatore stabile della compagnia di Omar Rajeh e fra i protagonisti, nel 2017, della prima edizione del progetto Focus Young Arab Choreographers, il coreografo libanese, protagonista del secondo focus della stagione, presenta a Orbita due lavori che indagano il corpo rispetto alla prigionia, alla tortura e alla guerra: il 3 febbraio in prima romana 'Pina My Love' e il 4 febbraio 'Under The Flesh', entrambi al Teatro Biblioteca Quarticciolo.
"Quando ho iniziato i miei studi teatrali all'università lavoravo con una compagnia di danza tradizionale, poi ho sviluppato sempre maggiore interesse nel corpo che si esprime a teatro e nella danza contemporanea", racconta il coreografo ad ANSAmed, che spiega anche cosa significhi dedicarsi alle arti in un Paese difficile come il Libano. "Ci sono due prospettive: da una parte, noi artisti abbiamo tanti temi da esprimere o di cui parlare e molti problemi che possiamo usare come materia da trattare, ma dall'altra ci sono numerose difficoltà che possono bloccare l'attività artistica. Penso per esempio alla mancanza di istituti, di siti professionali in cui provare o di posti dove poter rappresentare i nostri spettacoli. Non è facile, insomma, anche se allo stesso momento non c'è un'alta concorrenza", aggiunge. "Io penso che queste difficoltà costituiscano delle sfide e ci facciano lavorare più duramente per trovare la nostra strada, ma ovviamente qualche volta interrompono il lavoro degli artisti", commenta Bassam Abou Diab che da circa 20 anni vive nella capitale Beirut - dove si svolge la maggior parte del suo lavoro - ed è impaziente di calcare il palcoscenico a Roma dopo essersi esibito in passato nel Sud Italia. "Roma è molto importante per me perché ha un pubblico appassionato di danza, anche contemporanea come quella da me coltivata", conclude, augurandosi l'apprezzamento degli spettatori in questo fine settimana capitolino.(ANSAmed).