Il quorum per affossare le leggi portate avanti dall'attuale maggioranza sulle modifiche alla televisione pubblica, sulla riforma dell'assistenza per gli anziani e sulla modifica del numero dei ministeri, era fissato poco oltre la soglia di 338 mila votanti - un quinto del totale degli elettori - ma in nessuno dei tre casi è stata raggiunta la quota necessaria.
In generale l'affluenza è stata comunque bassa, pari al 41,65% degli aventi diritto, sia per la relativa complessità dei quesiti, sia perché si è trattato della terza domenica consecutiva nella quale i cittadini sono stati chiamati alle urne, dopo il ballottaggio presidenziale del 13 novembre e le elezioni amministrative di domenica scorsa, che si chiuderanno anch'esse con i ballottaggi il 4 dicembre.
Il primo ministro, Robert Golob, ha commentato a caldo che l'esito dei referendum invia "un chiaro messaggio alla politica che non è stata eletta per ostacolare il lavoro dello Stato, ma per lavorare a beneficio dei cittadini". La bocciatura dei tre quesiti ha invece creato qualche attrito all'interno del campo conservatore, con uno scambio di accuse fra Janša, leader dell'Sds, e il presidente del partito di ispirazione cattolica Nuova Slovenia (NSi), Matej Tonin. I due si sono scontrati su Twitter, con Tonin che ha accusato Janša di polarizzare il dibattito pubblico e quindi anche il discorso politico, senza ottenere alcun risultato, dal momento che per il centrodestra - ha osservatoTonin - si tratta della terza sconfitta in un anno dopo le elezioni parlamentari di aprile e quelle presidenziali.
Sempre sui social, Janša ha detto che se NSi scegliesse di uscire dall'ambiguità, in riferimento a una posizione troppo accomodante con il governo, ne guadagnerebbe tutto il centrodestra. (ANSAmed).