Oltre 1.700 ivoriani sui 7.000 presenti in Tunisia hanno già chiesto di poter tornare nel loro Paese, così come hanno fatto centinaia di maliani e guineani, cui si aggiungeranno presto anche cittadini del Gabon. Non è bastato l'annuncio della presidenza tunisina del 5 marzo scorso dell'introduzione di nuove misure a favore dei migranti stranieri per rasserenare gli animi. Molti africani stranieri anche regolari si sono visti sbattuti fuori di casa e dal loro posto di lavoro (per la maggior parte lavori umili, malpagati e in nero). L'effetto paradossale però è che a rimpatriare volontariamente sono coloro che si trovavano in maniera regolare in Tunisia - studenti, lavoratori - mentre quelli che non hanno un permesso di soggiorno sono costretti a ricorrere ai canali illegali per arrivare in Europa. Un centinaio di essi si sono accampati fuori dalla sede dell'Oim a Tunisi in cerca di vari tipi di assistenza. "Stiamo lavorando il più velocemente possibile per offrire supporto, facendo appello alla calma e al dialogo per garantire soluzioni dignitose e basate sui diritti umani", ha dichiarato l'Oim al riguardo.
La crisi economica che sta vivendo la Tunisia - con l'inflazione al di sopra del 10% e una disoccupazione giovanile altissima -, in un contesto politico difficile dominato dall'iperpresidenzialismo di Saied, spinge letteralmente questi migranti africani a buttarsi tra le braccia di profittatori pronti a tutto per di ottenere facili guadagni. Sempre più frequenti sono le partenze a bordo di imbarcazioni di ferro, costruite alla meno peggio da fabbri improvvisatisi maestri d'ascia. E sempre più frequenti, purtroppo, sono i naufragi, come quello di ieri, costato la vita ad almeno 14 subsahariani al largo di Sfax. Di fronte a questi numeri, e con l'approssimarsi della bella stagione, appare chiaro che le autorità tunisine, senza aiuti supplementari anche economici, non potranno far fronte da sole ad un fenomeno migratorio di tale portata. Questa crisi, testimoniata anche dall'aumento recente dei fermi da parte delle autorità tunisine di irregolari africani sul territorio nazionale, ha permesso comunque al presidente Saied di evidenziare come la Tunisia non sia più solo un Paese di partenza di migranti verso l'Europa ma anche un Paese vittima esso stesso di immigrazione illegale. Le sue parole però lo hanno anche esposto ad accuse di razzismo con conseguenze che potrebbero rivelarsi molto dannose per la Tunisia: la Banca mondiale ad esempio ha annunciato che continuerà a lavorare con Tunisi sui progetti in corso ma vuole sospendere il Country Partnership Framework (Cpf), base per il monitoraggio da parte del consiglio di amministrazione della Bm al fine di valutare e sostenere il Paese nei suoi programmi di aiuto. (ANSAmed).