La prima bozza trapelata venerdì, ancora con diversi spazi bianchi sulla richiesta pressante di congelare le multe per i costruttori che non centrano i target di emissioni di CO2, ha subito riacceso la tensione. Adesso, alla vigilia del confronto finale domani tra Ursula von der Leyen e l'automotive continentale, anche il Partito popolare europeo alza la posta aumentando la pressione sulla presidente: il bando Ue alla vendita di auto a benzina e diesel nel 2035 dev'essere "revocato". Una linea ancora più esplicita rispetto agli appelli fin qui volti a intraprendere la via della neutralità tecnologica cara all'Italia. Le trattative non sono concluse e nel piano finale - non vincolante - atteso il 5 marzo, stando a quanto trapela nei corridoi di Palazzo Berlaymont, qualche concessione e aggiustamento strategico ci sarà. Ma nessuna retromarcia sull'obiettivo finale dello stop ai motori termici: l'ordine di scuderia di spingere la domanda di auto elettriche è inequivocabile.
L'ultimo faccia a faccia tra von der Leyen e i ceo si consumerà nelle prossime ore prima che le linee guida Ue, nelle mani della presidente e del commissario Apostolos Tzitzikostas, vengano svelate il 5 marzo.
La squadra negoziale europea - che coinvolge anche i team dei vicepresidenti Stéphane Séjourné ed Henna Virkunnen e dei commissari Wopke Hoekstra e Roxana Minzatu - è pronta a blindare la sua strategia per dare slancio alle e-car con incentivi coordinati tra i Ventisette, che prevedono finanziamenti, il rilancio del leasing e del mercato dell'usato e nuove misure per le batterie e le colonnine di ricarica. Nel mirino, nella nuova era dei dazi di Donald Trump, c'è anche la concorrenza estera, con la promessa di armi nuove per difendere il fair play industriale e contrastare i maxi-sussidi della Cina. Ma la chiarezza è ancora poca sul futuro delle multe comminate ai costruttori - una stangata tra i 15 e i 16 miliardi di euro - che non rispettano i tagli di emissioni dei veicoli sui loro listini.
Lo scenario delineato nella prima sintesi della bozza, dal titolo 'Spunti di riflessione', non accontenta dunque l'industria. E nemmeno lo stesso partito di von der Leyen, che alla vigilia dell'incontro ha deciso di rompere gli indugi spingendosi oltre, come mai prima d'ora. "Porre fine alle vendite di auto a combustione entro il 2035 sembra più irrealistico che mai", è il messaggio pubblicato su X invocando quindi la revoca del bando "per riflettere" invece la stessa "neutralità tecnologica" chiesta a gran voce del governo italiano e dal ministro Adolfo Urso da mesi in prima linea e promotore di un non-paper con la Repubblica ceca. Una presa di posizione che ha subito suscitato la risposta della Lega al Parlamento europeo, impegnata a rivendicare il primato sulla sua crociata contro le "eco-follie" di Bruxelles, portata avanti sin dai tempi di Frans Timmermans al timone del Green deal. Tanto che ora il Carroccio e i Patrioti Ue sono pronti a presentare un documento per fermare von der Leyen "nei suoi euro-deliri anti-italiani". Un tentativo che, nella visione opposta del M5S, è destinato a cadere nel vuoto: "Urso, Meloni e il Ppe sono dei poveri illusi: il settore non risorgerà come l'Araba Fenice solo comprando tempo", ha attaccato il senatore pentastellato Luigi Nave.
Dopo l'ultimo round con i ceo von der Leyen metterà nero su bianco un piano che avrà i toni del manifesto politico. Acea, l'associazione che riunisce i costruttori europei e guidata dal connazionale ceo di Mercedes Ola Kallenius, da tempo è chiara: la transizione non può schiacciare il comparto.
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