Un semplice ed economico test per misurare il declino mentale, se eseguito su una gran parte dei 75enni, potrebbe facilitare, a costi contenuti, la diagnosi di demenza individuando un sospetto di malattia anche in persone altrimenti destinate a sfuggire alla diagnosi o ad arrivarvi tardivamente, consentendo fino al 60% di diagnosi in più.
È la stima che emerge da uno studio condotto presso la London School of Economics e pubblicato sull'International Journal of Geriatric Psychiatry.
Gli autori dell'analisi - Martin Knapp e Francesco D'Amico - hanno condotto uno studio di costo-efficacia di un intervento di screening una tantum per identificare un rischio di demenza senile su persone di 75 anni. Sono partiti da 391.000 persone e giunti a diagnosticare 3514 casi di demenza calcolando poi costi e vantaggi di tali diagnosi.
Il test adoperato è già in uso per valutare il declino cognitivo di individui sani (l'esame è da solo insufficiente per la diagnosi di Alzheimer), il 'Mini-Mental State Examination'. È poco costoso, veloce e facile, viene eseguito da infermieri e medico curante. Al momento non viene eseguito di routine, commenta Francesco Moscone della Brunel University di Londra: ''questo studio dimostra che se MMSE venisse eseguito su tutte o gran parte delle persone di 75 anni si potrebbe individuare un sospetto di malattia e quindi avviare ad altri esami più specifici (TAC, risonanza etc), molte persone in più''. Alla fine con tale approccio si potrebbe arrivare al 60% in più di diagnosi di demenza senile anche in fase precoce, snidando soggetti da sottoporre presto a trattamenti quali stimolazione cognitiva che, eseguita tempestivamente, offre molti benefici sia in termini di conservazione delle capacità cognitive, sia in termini di qualità di vita. ''Tutto ciò - spiega Moscone - rende tale intervento di screening sui 75enni costo-efficace. Un simile approccio sarebbe applicabile anche alla popolazione italiana, essendo un intervento relativamente poco costoso''.
Ma serve estrema cautela, afferma Giuseppe Paolisso della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria: lo studio è ancora molto sperimentale per come è stato impostato e ha molti limiti.
Gli esperti hanno usato MMSE per capire chi tra tutti i 75enni ha un potenziale rischio di demenza. I soggetti risultati a rischio devono poi accondiscendere a sottoporsi ad altri esami (solo uno su due in media lo fa) e comunque ci sono tanti falsi positivi (diagnosi errate). "D'altra parte - conclude Paolisso - visto anche l'andamento attuale della malattia, lo studio lascia intravedere l'opportunità di dare al più presto piena e rapida attuazione al Piano Nazionale Demenze recentemente approvato dal Ministero della Salute".