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Tasso di reciclaggio oltre la media europea
BRUXELLES - Coordinamento tra gli enti locali, capacità amministrativa, attrazione di capitali privati e sinergie tra fondi strutturali e Pnrr sono le sfide principali che gli enti regionali e locali si trovano ad affrontare nella gestione dei rifiuti, per raggiungere i target Ue.
A livello europeo infatti, nell’ambito della transizione ecologica, sono stati fissati ambiziosi obiettivi che riguardano anche la gestione dei rifiuti e che vengono definiti dal Green Deal, dal Fit for 55, e dal Next Generation EU. In particolare, il Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano prevede specifiche misure volte al miglioramento del settore con investimenti per 2,1 miliardi di cui 1,5 sono allocati per la realizzazione e l’ammodernamento degli impianti di gestione rifiuti mentre 600 milioni sono legati a specifici progetti nell’ambito delle filiere strategiche per l’economia circolare.
Ma come funziona la gestione dei rifiuti in Italia? Secondo i dati Eurostat del 2020, considerando il tasso annuale di riciclaggio di rifiuti urbani, l’Italia si colloca al settimo posto tra gli stati membri dell’Unione Europea. Il tasso di riciclaggio del nostro Paese risulta infatti pari a 51,4%, contro una media Ue del 48,6%. L’Italia si colloca al di sopra della media europea in tutte le tipologie di materiale di imballaggio considerate: vetro, carta, plastica e legno.
A livello regionale invece, il tasso annuale di riciclaggio dei rifiuti urbani nel 2021 varia da un massimo di 76,2% del Veneto a un minimo di 46,9% della Sicilia. La Regione che ha incrementato maggiormente il proprio tasso di riciclo è la Basilicata, passata dal 13,3% al 62,7%. Seguono il Molise e la Puglia con incrementi, rispettivamente, del 46% e del 42,6%. Nel 2021 l’unica regione a non aver superato la soglia del 50% di riciclaggio è la Sicilia.
Per quanto riguarda la tipologia degli impianti, secondo i dati ISPRA, dal 2015 al 2021 il numero totale di impianti è aumentato da 634 a 657. Di questi, circa il 45% è costituito da impianti di compostaggio, pari a 293 nel 2021, che si trovano prevalentemente in Lombardia e in Veneto. Dal 2015 il numero di discariche è diminuito da 149 a 126. Prendendo in considerazione il trattamento di combustione dei rifiuti, gli inceneritori sono diminuiti da 41 a 37, e gli impianti di coincenerimento da 17 a 14. Invece, per quanto riguarda lo smaltimento tramite processi biologici, gli impianti di digestione anaerobica, di trattamento integrato aerobico/anaerobico e di trattamento meccanico-biologico sono complessivamente aumentati di 29 unità.
Per ridurre il divario presente tra le regioni, è previsto che il 60% delle risorse complessive del Pnrr venga destinato alle Regioni del centro-sud, con la creazione di due differenti plafond relativi alle Regioni del centro-sud (60%) e del nord (40%) per interventi da concludere entro il 30 giugno 2026.
Il Pnrr italiano prevede specifiche misure volte al miglioramento della gestione del ciclo dei rifiuti e gli interventi hanno l’obiettivo principale di migliorare la capacità di gestione efficiente e sostenibile dei rifiuti e il paradigma dell’economia circolare. Ma accanto agli investimenti relativi al Pnrr è prevista un’azione riformatrice che si articola in tre differenti pilastri: la Strategia nazionale per l’economia circolare (Snec); il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (Pngr); il supporto tecnico alle Autorità locali.
La Snec individua il quadro generale all’interno del quale si inseriscono gli obiettivi e le azioni da perseguire ai fini della transizione verso un’economia pienamente sostenibile, nel rispetto degli obiettivi di neutralità climatica prefissati. Il documento introduce differenti aspetti connessi alla tracciabilità digitale dei rifiuti, alla revisione del sistema di tassazione ambientale sui rifiuti, all’eco-design, all’end-of-waste, ai criteri ambientali minimi nel quadro degli acquisti pubblici verdi, alle materie prime critiche e alle materie seconde.
Il Pngr invece rappresenta uno degli strumenti attuativi della Snec, accanto al Piano Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti e ad altri strumenti, fra cui il Pnrr. Il documento programmatico, con una durata di sei anni (2022-2028), si configura come strumento di indirizzo per la predisposizione dei piani di gestione dei rifiuti da parte delle Regioni e Province autonome e per indirizzare le iniziative private nel settore e prevede: riduzione al della differenza tra la media nazionale e la Regione con i peggiori risultati nella raccolta differenziata. Infine, il supporto tecnico alle Autorità locali fa riferimento alle procedure di gara, allo sviluppo di piani e progetti in relazione alla gestione dei rifiuti e all’attuazione della normativa ambientale dell’Ue e nazionale.
In conclusione, nonostante il buon posizionamento dell’Italia a livello europeo, con una crescita generalizzata del tasso di riciclaggio a livello regionale e provinciale, rimangono importanti divari territoriali interni. Recentemente la Corte dei Conti ha rilevato che l’azione correttiva del Pnrr non si concentra sugli investimenti «facendo piuttosto affidamento su una serie di riforme, per il settore dei rifiuti». La piena attuazione di tali riforme rappresenta un fattore decisivo affinché una corretta gestione del ciclo dei rifiuti possa proseguire anche oltre al 2026.
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