La manovra comincia ufficialmente la sua marcia in Parlamento con i partiti che si attrezzano per modificarla. Parte anche la maratona delle audizioni iniziano sindacati, Confindustria e consumatori. Poi si prosegue con enti locali, Banca d'Italia, Ufficio parlamentare di bilancio e università. Fino a giovedì con il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti a chiudere il cerchio.
Ma è sullo step successivo degli emendamenti che si giocherà la vera sfida. Partiti, sindacati e industriali sono già alla carica per cercare di strappare qualcosa in più da una manovra che, anche quest'anno, ha margini strettissimi. E chissà che dai vertici del governo non arrivi un altolà alla maggioranza sul numero di emendamenti ammessi. Circolano ipotesi di uno, al massimo due a deputato. Ufficialmente, tempo massimo per presentarli è l'11 novembre. Poi un'altra settimana per i 'segnalati', cioè la scrematura delle proposte decisive per ogni gruppo, su cui si discuterà concretamente. Di fatto, dunque, è da fine novembre che si entrerà nel vivo su un testo che dalla Camera arriverà anche quest'anno blindato nel secondo ramo del Parlamento per l'ok finale. Una partita che si incrocerà con quella del decreto fiscale, collegato, in discussione al Senato. Va letto in quest'ottica l'emendamento su cui Forza Italia sta lavorando per chiedere un concordato bis, dopo il primo scaduto il 31 ottobre.
In cantiere centinaia di emendamenti dalle opposizioni, minori per numero ma cruciali pure quelli del centrodestra.
Eccoli nel dettaglio:
FORZA ITALIA: è sul taglio delle tasse che FI intende battere. Chiede di abbassare il secondo scaglione Irpef dal 35 a 33%, allargando la platea ai redditi fino a 60mila euro. Da rivedere pure la web tax per non colpire start-up o siti dei giornali e delle agenzie con un fatturato limitato. Non piace nemmeno che il Mef indichi i revisori dei conti all'interno di imprese che ricevono fondi pubblici. E' "da Grande Fratello", si oppone Tajani che aggiunge: "Giorgetti mi ha assicurato che verrà modificata". Altri correttivi non mancheranno sulla sugar tax e sulle pensioni minime.
LEGA: il partito di Matteo Salvini continua a martellare sulla flat tax, per estenderla agli autonomi che dichiarano 100 mila euro l'anno (attualmente il tetto è a 85 mila euro). Annuncia battaglia anche contro il boom della tassazione sulle plusvalenze da criptovalute (l'aliquota è salita dal 26 al 42%) e per evitare il taglio del turn over delle forze dell'ordine.
FRATELLI D'ITALIA: non c'è un vero pressing ma di certo il taglio dell'Irpef dal 35 al 33% resta l'obiettivo primario. Insieme al tentativo di facilitare gli investimenti che derivano dalla raccolta della previdenza complementare.
PD E M5S: convergono su un paio di macrotemi. Spicca la sanità di cui si denunciano i tagli. Uniti anche per salvare il fondo sull'automotive, ridotto di 4,5 miliardi di euro.
CONFINDUSTRIA: tra i desiderata, quello sull'Ires premiale per chi mantiene gli utili per almeno un 70% all'interno dell'impresa, investendone il 30% per tecnologia, produttività, welfare. L'altra priorità ottenere incentivi più alti per transizione tecnologica e la transizione 5.0.
CGIL E UIL: oltre al no al concordato fiscale, insistono sul settore auto e per ottenere più fondi per sanità e scuola riducendo la spesa per armi. Oltre a più risorse per il rinnovo dei contratti pubblici
CISL: il sindacato, che si è sfilato dallo sciopero, chiede di riaprire il confronto sulla riforma delle pensioni, più risorse sulle minime e di estendere il contributo di banche e assicurazioni alle multinazionali della logistica, del digitale, del farmaceutico e dell'energia.
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