"Il Presidente Trump sarà in grado,
come dicono alcuni, di invertire la rotta e di far tornare
indietro gli Stati Uniti ad un forte aumento delle emissioni di
gas serra? Non è da escludere a priori, ma pare più probabile
che si ripeta quanto è già successo durante la sua prima
Presidenza: fra il 2017 e il 2021 le emissioni di Co2 negli Usa
sono diminuite di 440 milioni di tonnellate, pari a meno 8,4%".
E' la riflessione sull'impatto delle politiche climatiche nella
seconda era trumpiana di Edo Ronchi, presidente della Fondazione
per lo sviluppo sostenibile ed ex ministro dell'Ambiente.
"È logico aspettarsi - afferma Ronchi - che Trump mantenga lo
stesso attivismo pro-fossili e contrario alle misure per il
clima, ma la crisi climatica si sta aggravando, generando gravi
impatti nelle città e territori degli Stati Uniti. Negli Usa,
oltre al governo centrale del Presidente, ci sono i governi dei
diversi Stati e di numerose città che, più vicini ai territori
sconvolti dalla crisi climatica, proseguiranno e aumenteranno il
loro impegno.
"Anche una generale inversione di rotta anti-ecologica - dice
ancora Ronchi - pare piuttosto difficile e improbabile nel mondo
delle imprese, che hanno iniziato a investire nella transizione
energetica e climatica quale fattore di innovazione e di
competitività. Per non parlare dei tanti cittadini americani
che, anche a prescindere da come hanno votato, non sono
disponibili a subire, senza reagire, l'aggravamento della crisi
climatica".
"Trump - conclude Ronchi - si presenta come un presidente in
grado di aprire una nuova era, ma, data la portata della
transizione climatica ed ecologica in atto, è improbabile che
riesca a fermarla, diventando così l'ultimo presidente che
resiste ad un cambiamento inevitabile che proseguirà, nonostante
lui e oltre lui, comunque, anche negli Stati Uniti".
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