Nel 2022, il conflitto in Ucraina e
la crisi energetica hanno influenzato negativamente l'economia
italiana, causando una riduzione nella produzione di rifiuti
speciali rispetto al 2021. Le attività industriali, commerciali,
artigianali, di servizi, di trattamento dei rifiuti e di
risanamento ambientale hanno generato complessivamente 161,4
milioni di tonnellate di rifiuti speciali, registrando una
diminuzione del 2,1%, equivalente a oltre 3,4 milioni di
tonnellate in meno rispetto all'anno precedente. Lo rende noto
l'Ispra nel suo ultimo Rapporto Rifiuti Speciali, giunto alla
23esima edizione.
Ancora una volta è il settore delle costruzioni e demolizioni
- con quasi 80,8 milioni di tonnellate - quello con la maggiore
produzione totale di rifiuti speciali, concorrendo per il 50%
alla produzione complessiva. I rifiuti non pericolosi, che
rappresentano il 93,8% del totale dei rifiuti prodotti, calano
di 2,7 milioni di tonnellate (-1,8%). Quelli pericolosi seguono
la stessa tendenza, diminuendo di quasi 680 mila tonnellate
(-6,4%). Il dato complessivo vede i rifiuti speciali non
pericolosi ammontare a 151,4 milioni di tonnellate e quelli
pericolosi a quasi 10 milioni di tonnellate.
E' il settore manifatturiero ad incidere maggiormente sulla
produzione dei rifiuti pericolosi con il 37,3%, corrispondente a
3,7 milioni di tonnellate.
Il Norditalia evidenzia la maggior produzione di rifiuti
speciali, con quasi 92,7 milioni di tonnellate. In testa la
Lombardia con 35,3 milioni di tonnellate, mentre il Centro si
attesta a 28,1 milioni con il Lazio capolista che produce quasi
11,2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali. Al Sud il valore
di produzione è di 40,6 milioni di tonnellate.
Il recupero di materia costituisce la quota predominante
della gestione dei rifiuti speciali con il 72,2% (127,6 milioni
di tonnellate), mentre le operazioni di smaltimento
rappresentano il 14,9%. Lo smaltimento in discarica interessa
circa 8,9 milioni di tonnellate di rifiuti (il 5% del totale
gestito).
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