L'Unione europea rischia di non
centrare l'obiettivo di avere almeno il 25% di terreni adibiti
alla produzione agricola biologica entro il 2030 se non
raddoppierà l'attuale sforzo annuale. A mettere in guardia sul
rischio di fallimento è la Corte dei conti dell'Ue nell'ultima
relazione dedicata al sostegno dell'Ue all'agricoltura
biologica, denunciando "carenze significative" da parte di
Bruxelles, disparità tra Stati membri e mancanza di un obiettivo
post-2030.
Tra il 2014 e il 2022 dalla Pac sono arrivate risorse per la
conversione all'agricoltura biologica per circa 12 miliardi di
euro, risorse a cui dovrebbero aggiungersi altri 15 miliardi
entro il 2027. I revisori di Lussemburgo mettono in dubbio il
contributo della Pac agli obiettivi ambientali e di mercato dal
momento che, ad esempio, gli agricoltori possono ricevere fondi
dell'Ue anche se non applicano la rotazione delle colture o gli
standard in materia di benessere degli animali. Non è però solo
una questione di risorse, ma "occorre fare di più per sostenere
l'intero settore, sviluppando il mercato e incentivando la
produzione", altrimenti, scrive la Corte, il rischio è quello di
"creare un sistema sbilanciato che dipende completamente dai
fondi dell'Ue, anziché un comparto dinamico trainato da
consumatori informati".
I revisori osservano ancora che la quota di terreni bio varia
notevolmente da uno Stato membro all'altro e l'Italia spicca
nella top 5 dei Paesi Ue con la percentuale di agricoltura
biologica sul totale della superficie agricola utilizzata. A
guidare la classifica è l'Austria (25,7%), seguita da Estonia
(23,4%), Svezia (19,9%), Portogallo (19,3%) e Italia (18,1%).
Tra le raccomandazioni all'Ue, la Corte insiste sulla necessità
di fissare un obiettivo post 2030 e indirizzare meglio i fondi
della futura Pac post 2027 per sviluppare il settore del
biologico.
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