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ANSAcom - In collaborazione con Novartis
Le persone che hanno già avuto un infarto o un ictus hanno un'alta probabilità di andare incontro a un secondo attacco e sono, per questo, gli 'osservati numero uno' da parte dei cardiologi. Anche se oggi esistono terapie mirate molto efficaci, otto pazienti ad alto rischio su dieci non sono in grado di ridurre il loro colesterolo Ldl ai livelli raccomandati. Ad accendere i riflettori sull'importanza di una corretta gestione clinica è la campagna "Da Quore a cuore", presentata da Novartis al Policlinico di Milano. Come dimostrato da molti studi clinici, il colesterolo Ldl o 'cattivo' è il principale fattore modificabile per la riduzione del rischio cardiovascolare. "L’esposizione, nel tempo, a livelli elevati - spiega Alberico Catapano, presidente della Società Italiana per lo Studio dell’Aterosclerosi - contribuisce alla formazione della placca ateromasica nelle arterie, aumentando così il rischio di infarto e ictus". La corretta gestione clinica deve portare a raggiungere i valori di colesterolo 'cattivo' raccomandati dalle Linee Guida congiunte della Società Europea di Cardiologia e della Società Europea di Aterosclerosi: ovvero inferiori a 55 mg/dL per le persone ad altissimo rischio e sotto a 70 55 mg/dL per quelle ad alto rischio. E oggi non mancano gli strumenti. "L' armamentario terapeutico - prosegue Catapano - si è molto arricchito. Abbiamo a molecole che inibiscono la produzione dell'Rna messaggero che codifica una proteina chiamata PCSK9. Questa proteina, una volta inibita, riduce i livelli di colesterolo, anche del 60%. Ottenere una riduzione efficace e sostenuta nel tempo dell'Ldl è però ancora una sfida, tanto che 8 su 10 pazienti ad alto rischio non sono in grado di ridurne il valore ai livelli raccomandati". Fondamentale è non smettere le terapie senza il consenso del medico. Solo il 44% della popolazione in trattamento segue le prescrizioni per tutto il periodo e nelle dosi indicate. "La tendenza è a modificarle o interromperle, a causa della complessità del regime terapeutico e degli effetti indesiderati. Mentre l'aderenza - commenta Emanuela Folco, presidente della Fondazione Italiana per il Cuore - dovrebbe essere un obiettivo strategico della Sanità Pubblica, coinvolgendo medici di medicina generale, farmacisti, cardiologi e Istituzioni".
ANSAcom - In collaborazione con Novartis
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