In attesa del suo prossimo libro, 'Arabesco', che uscirà per Feltrinelli il 24 aprile, siede accanto a Madison Cox, paesaggista americano e creatore tra i tanti anche dei giardini di Marella Agnelli a Marrakech. Nell'Auditorium del Museo Yves Saint Laurent, l'altra sera, Cox ha invitato l'amico per dare il via alle celebrazioni dei 100 anni del Giardino Majorelle. E da uno dei luoghi più visitati del Marocco, con oltre 900 mila biglietti venduti ogni anno, Umberto Pasti immagina con una sorta di anteprima in foto e idee il museo di casa propria, quello che sarà.
"Scrivere è proprio come fare un giardino - ammette Pasti - significa non arrendersi al vuoto della pagina bianca e sistemare ogni parola, come si fa con le piante, seguendo un senso, una logica, ponendo attenzione ai minimi dettagli". Il compleanno di un'amica, 24 anni fa ha portato Umberto Pasti in Marocco, a Marrakech e da qui, per un breve viaggio, fino a Tangeri, dove ha trovato il suo primo giardino, in città.
Ma è oltre le Colonne d'Ercole, a 60 chilometri dalla città che lo scrittore si perde nel Paradiso del romanzo (Perduto in Paradiso, Bompiani, 2018), a Rohuna, in una valle di iris e narcisi, senza acqua né luce, che decide di comprare "per salvare le piante selvatiche che ho visto sparire in questi anni recenti di cantieri selvaggi, per costruire residenze sul mare".
Pasti non ha mai smesso di collezionare, nel frattempo. Ha raccolto ceramiche e mobili, savoir-faire d'altri tempi e testimonianze di storia, cocci d'arte, ossa, mattonelle e libri da bibliofili. Quando la missione è a buon punto, la collina con le valli di narcisi salva e il villaggio che vi si trovava in cima prospera felice, con una nuova scuola per i bimbi, un laboratorio per costruire giocattoli e uno per restaurare mobili, un impiego sicuro per tutti gli abitanti, sono arrivati gli ospiti internazionali i botanici curiosi, gli intellettuali.
Le visite sono numerose ed è ora il momento di pensare al futuro, sostiene Pasti, già impegnato nel tiremmolla burocratico con le autorità. "Ne stiamo parlando", convinto che riuscirà a far diventare museo il suo paradiso, "per celebrare un mondo dimenticato, rurale, quasi totalmente sparito, ma ancora vivo qui a Rohuna, con i ragazzi che ne tramandano la durissima fatica e insieme la poesia".
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