E' stata la costituzione come parti
lese di due giudici onorari tarantini nel processo 'Ambiente
svenduto' per il disastro ambientale imputato all'Ilva di
Taranto a indurre i giudici della corte d'Assise d'Appello di
Lecce (sezione distaccata di Taranto) ad annullare la sentenza
di primo grado e a disporre il trasferimento del procedimento a
Potenza, dove si dovrà ricominciare da zero. E' quanto emerge
dalle motivazioni della sentenza del 13 settembre scorso che
sono state depositate oggi. La questione - posta dagli avvocati
della difesa in altre fasi del processo e respinta - era stata
riproposta chiedendo lo spostamento del processo. La richiesta
della difesa era stata respinta in precedenza perchè, spiegano i
giudici d'appello, la corte di primo grado aveva fatto
riferimento alla circostanza che, al momento della costituzione
come parte offesa nel processo (2016), i due magistrati avevano
già dismesso le funzioni esercitate in quel distretto . Secondo
la corte d'Assise d'Appello, (che nella sentenza fa riferimento
a numerose sentenze della Cassazione) invece, "ciò che conta è
la qualifica soggettiva al momento del fatto" e cioè che i
magistrati fossero in servizio quando sono stati commessi i
reati contestati.
Nella sentenza è stata invece respinta la tesi, sostenuta
sempre dalla difesa, che individuava in ciascuno dei magistrati
che abitano, o che sono proprietari di immobili nelle zone
circostanti lo stabilimento Ilva, persone offese o danneggiate
dai reati in materia di inquinamento ambientale.
Il processo di primo grado per il disastro ambientale si era
concluso il 31 maggio del 2021 con 26 condanne nei confronti di
dirigenti della fabbrica, manager e politici. Le più gravi, a
22 anni e 20 anni di reclusione, per Fabio e Nicola Riva, ex
proprietari e amministratori dell'Ilva.
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