Un film toccante, un Festival
impegnato nella promozione del cinema a tutto tondo e il
carcere. "Cinema dentro e fuori le mura", sezione storica del
Reggio FilmFest appena conclusosi, riunisce questi tre elementi
in un unico evento, che viene organizzato dal Festival, fin
dalla sua prima edizione, all'interno degli istituti
penitenziari - Palmi, Locri, Vibo Valentia, Cosenza e, negli
ultimi anni, Reggio Calabria - dove la popolazione carceraria
viene coinvolta nella proiezione di un film che offre ai
detenuti una preziosa occasione di apertura verso la società e
un importante spunto di riflessione.
Un'iniziativa, è scritto in una nota, "il cui forte impatto
emotivo e la grandissima valenza sociale sono stati confermati
nel corso dell'incontro tenutosi nell'Istituto Panzera di Reggio
Calabria, dalle stesse detenute partecipanti attraverso una
lettera letta da una giovanissima ed emozionatissima reclusa.
Una ventina in tutto le donne della sezione femminile invitate
ad assistere alla proiezione del film 'Nella città l'inferno' di
Renato Castellani, preceduta da una breve ma significativa
chiacchierata con il direttore generale del Reggio FilmFest
Michele Geria, la referente del progetto Giovanna Suriano, la
garante dei diritti delle persone private della libertà
personale Giovanna Russo, il critico cinematografico Paolo
Micalizzi, la giornalista Manuela Iatì, conduttrice
dell'incontro, e il criminologo Sergio Caruso".
"In carcere mantenere vivi i propri interessi e bisogni senza
cadere nella monotonia è una delle sfide più dure, che ognuna di
noi deve affrontare durante il proprio percorso", legge, da un
foglio scritto a penna e con voce rotta dall'emozione, la
giovane detenuta. "Ecco perché - prosegue - vi ringraziamo per
iniziative come questa, che hanno il fascino di scuotere le
nostre coscienze e nutrire la nostra sensibilità, facendoci
sentire non emarginate, ma parte integrante della società, al di
là di ogni pregiudizio, pur essendo fisicamente escluse. È
sempre un'emozione intensa percepire che qualcuno là fuori si
ricorda di noi. Speriamo che questo ponte umano intriso di buoni
sentimenti possa continuare, proiettandoci nella speranza che la
società sappia accoglierci nel migliore dei modi alla fine delle
nostre pene".
"Il carcere - afferma il direttore della casa circondariale
reggina Rosario Tortorella - deve essere ricordato dalla
società, non deve essere dimenticato, perché la pena prima o poi
finisce e si deve poter tornare fuori con pensieri diversi.
Ringrazio l'avv. Russo e il Reggio FilmFest per l'impegno e il
valore di questo progetto, capace di unire cultura e
rieducazione in un contesto così delicato. Il cinema ha il
potere unico di esplorare la realtà attraverso la finzione e
trasmettere messaggi di speranza e rinascita".
Geria ricorda i 500 libri donati dal Festival nella prima
edizione dell'iniziativa, consentendo al carcere l'apertura di
una biblioteca: "Mi emoziona trovarmi in questo teatro dedicato
all'educatore Emilio Campolo, l'iniziativa è nata infatti 18
anni fa grazie alla sua collaborazione, con l'obiettivo di
portare cultura ed emozioni all'interno delle carceri e ribadire
che anche chi è privato della libertà ha il diritto di 'evadere'
attraverso un film o un libro. La cultura è uno strumento
potentissimo e, nel tempo, abbiamo anche visto detenuti
trasformarsi in attori professionisti".
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