"Soltanto uno scrittore dall'anima
bella di poeta come Joseph Roth poteva raccontare in poche
paginette limpide e asciutte una di quelle storie che fanno
subito breccia nel nostro cuore come 'La leggenda del santo
bevitore' in scena, da giovedì 30 gennaio alle ore 21 (repliche
fino a domenica 2 febbraio), nel Teatro Nuovo di Napoli,
nell'adattamento e la regia di Andrée Ruth Shammah". E' quanto
annuncia una nota sullo spettacolo.
Presentato da Teatro Franco Parenti, l'allestimento vede
interprete Carlo Cecchi, affiancato da Claudia Grassi e Giovanni
Lucini, "con quella sua voce roca, il tono ironico e distaccato,
a disvelare la parabola del protagonista come un'inquirente
discesa nel delirio - si aggiunge - ma soprattutto
nell'impotenza, di quella oscurità ubriaca e piena di lampi che
scandisce i suoi ultimi istanti di vita". La leggenda del santo
bevitore è la storia, passata anche sul grande schermo in un
film di Ermanno Olmi (Leone d'oro nel 1988), di un clochard,
Andreas Kartak, che una sera di primavera a Parigi incontra un
distinto e misterioso signore che gli offre duecento franchi.
Una somma che Andreas s'impegna a ricevere al patto di
restituirla alla chiesa di Santa Maria di Batignoles dove c'è
una statuetta di Teresa di Lisieux con cui l'ex minatore dalla
'vita scioperata' ha un debito. Nella nota si sottolinea: "Il
testo, che nel 1939 fece breccia nel cuore dei lettori di tutta
Europa, racconta la storia dell'uomo, della sua esistenza
perduta dietro alle occasioni della vita, ma, protesa fino alla
morte verso l'adempimento di un dovere morale. Portentosi colpi
di fortuna, imprevedibili incontri, inaspettati guadagni,
stupefacenti rinvenimenti che si dissolvono nell'alcool, sono
raccontati con profonda e fragile umanità, da Cecchi, allo
stesso tempo protagonista e narratore".
La società e la storia non figurano, vivono nella mente
dell'autore e appaiono attraverso proiezioni fantasmatiche, che
rimandano lontano nel tempo, alla storia d'Europa, ma anche a
quella dell'uomo, dei suoi desideri, delle sue traversie. Lo
stesso bar dove si svolge la vicenda "è una suggestione visiva".
"Le immagini entrano nello spettacolo come memoria e fantasia,
sostenute da una colonna sonora struggente che va da Stravinskij
al jazz, dalle melodie yiddish e russe alla musica parigina. Non
c'è spazio per chiedersi che senso abbiano i fatti che accadono
in scena, ma si percepisce la corposità dei temi ai quali
alludono: l'identità, l'onore, l'assimilazione, l'isolamento,
l'eros, la religione, la morte".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA