La Corte di Appello di Napoli ha
condannato Errichetta Avallone, moglie dell'ex boss del clan dei
Casalesi, oggi collaboratore di giustizia, Antonio Iovine, detto
"o' ninno", a 4 anni e otto mesi di reclusione, al termine del
processo su affiliati e fiancheggiatori della fazione guidata
proprio da Iovine.
Condanne a un anno di reclusione anche per Anna Iovine,
sorella del boss, e ai sei anni e sei mesi per Renato Grasso, e
conferme per Armando Di Chiara e Giuseppe Di Chiara (per
entrambi tre anni di reclusione), mentre sono stati assolti
perché il fatto non sussiste gli imputati Marcellino Barracca,
Alessandro Di Rosa e Massimiliano Grassi, accusati di aver
riciclato il denaro di Iovine.
Si tratta del quarto processo nato dall'indagine della
Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che nel maggio 2008
aveva portato all'arresto di 53 presunti esponenti, compresi
numerosi familiari, del clan guidato dall'allora latitante
Iovine, che fu catturato solo due anni e mezzo dopo, nel
dicembre 2010.
In primo grado il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva
pronunciato oltre 20 condanne; diciassette quelle poi emesse nel
2019 dalla Corte di Appello di Napoli (che aveva rideterminato
la pena per tredici imputati, tra cui l'Avallone), che aveva
però disposto anche due assoluzioni e nove prescrizioni.
Da segnalare poi la vicenda personale di Massimiliano Grassi,
difeso dai legali Bernardo Diana e Luigi Iannettone,
commercialista arrestato nel maggio 2008 perchè ritenuto un
riciclatore di Iovine (gli era contestato il reimpiego di
capitali di provenienza illecita con l'aggravante di aver
agevolato un clan di camorra); Grassi ha passato tre anni in
carcere fino al 2011, e dopo le condanne nei primi due gradi di
giudizio - al primo processo di Appello ebbe la pena di tre
anni, stesso tempo che aveva già trascorso in cella come
carcerazione preventiva - dopo 17 anni di "calvario giudiziario
è stato finalmente assolto. Come altri imputati avrebbe potuto
accedere alla prescrizione, ma invece vi ha rinunciato ed è
andato avanti perché sicuro di essere innocente; ed infatti nel
giudizio di rinvio i magistrati napoletani lo hanno assolto con
formula piena (perché il fatto non sussiste), e per lui si
prospetta ora una richiesta di danni per ingiusta detenzione.
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