"Dopo undici anni arriva finalmente
una sentenza che attesta come lo Stato italiano non abbia
tutelato la salute dei suoi cittadini. E ora basta annunci e
proclami, bisogna intervenire con le bonifiche e un nuovo e
concreto progetto di rilancio di questo territorio". Alessandro
Cannavacciuolo, 36 anni di Acerra (Napoli), è tra i promotori
del ricorso presentato nel 2013 su cui è intervenuta la
decisione della Corte Europea dei diritti umani, che ha
condannato l'Italia per non aver preso misure negli anni adatte
a combattere e ridurre l'inquinamento ambientale nella degradata
area a cavallo tra le province di Caserta e Napoli, la Terra dei
Fuochi appunto.
Anche studi ufficiali, come quello presentato nel febbraio
2021 dalla Procura di Napoli Nord con l'Istituto Superiore di
Sanità, hanno dimostrato la correlazione tra determinati tipi di
cancro (seno e leucemie) e l'alto grado di inquinamento
ambientale dovuto soprattutto all'interramento di rifiuti
tossici e alla presenza di numerose discariche, legali e
abusive.
Alessandro, anima del Comitato Terra dei Fuochi, ha pagato un
alto prezzo familiare, con parenti ammalati, e ora si dice solo
parzialmente soddisfatto, "perchè negli anni è aumentata la
consapevolezza delle persone. Però è lo Stato che ora deve
capire che è il tempo di agire". Anche Enzo Tosti, residente ad
Orta di Atella (Caserta), del Comitato Terra dei Fuochi, fu tra
i firmatari del ricorso alla Cedu e sta "pagando", visto che gli
è stato diagnosticato un linfoma e nel sangue è stata trovata
una concentrazione preoccupante di sostanze cancerogene come
l'esaclorobenzene. "E' passato tanto tempo - dice - ma la
sentenza è finalmente arrivata. Però la situazione non è
cambiata, tra Caserta e Napoli si continua ad ammalarsi, a
morire e a sversare rifiuti. Va avviata subito la bonifica dei
siti inquinati".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA