Una foto ricordo
nella via, in frazione Serripola, intitolata al capostipite
della famiglia, il dottor Mosè Di Segni. Così si è conclusa la
visita del rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Riccardo
Di Segni, e dei fratelli Frida e Riccardo, cittadini onorari dal
2011, in occasione della cerimonia di consegna della Medaglia
d'Oro al Merito Civile alla Città di San Severino Marche
(Macerata). Nello scatto anche mons. Edoardo Menichelli,
arcivescovo emerito di Ancona-Osimo, che con due dei fratelli Di
Segni condivise lunghissimi giorni nel 1943.
Mosè Di Segni, nato a Roma il primo gennaio 1903, figlio di
Elia ed Allegra Benigno, dopo l'8 settembre di quell'anno venne
costretto a rifugiarsi con la famiglia nella frazione di San
Severino Marche. Qui si unì al Battaglione Mario contribuendo
alla lotta di Liberazione ed esercitando la professione di
medico nella divisione della V Brigata Garibaldi "Ancona".
Ferito a Valdiola, terminata la guerra venne insignito della
Medaglia d'Argento al Valore Militare prima di morire nel 1969.
A lui è anche dedicato il libro, a cura di Luca Maria
Cristini, "Mosè Di Segni medico partigiano. Memorie di un
protagonista della Guerra di Liberazione", edito dalla Riserva
naturale regionale del Monte San Vicino e del Monte Canfaito. E'
della riproposizione di un memoriale molto importante per
ricostruire le vicende di quel frammento di guerra partigiana e
anche la storia della partecipazione ebraica alla Resistenza,
una storia ancora poco conosciuta che solo recentemente è stata
oggetto di ricerche e riflessioni da parte degli storici.
A Serripola la famiglia Di Segni fu protetta e aiutata. Una
rete di complicità consentì loro di sfuggire ai rastrellamenti
fascisti e nazisti, nascondendosi dall'uno o dall'altro quando
il pericolo si faceva imminente. Dall'inizio, la loro
accoglienza fu facilitata dall'opera del parroco del luogo, che
dal pulpito esortò i fedeli ad accogliere questi rifugiati senza
far domande, senza chieder loro perché non frequentavano la
chiesa. Di Segni si impegnò intensamente a curare, oltre ai
partigiani, anche gli abitanti di Serripola, che lo ripagarono
di affetto e riconoscenza, sentimenti di cui resta tuttora
memoria.
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