(ANSA) - Ortica e canapa, foglie e fiori, fibra di latte e riso: senza cadere negli eccessi di stilisti come la giapponese Stella De Libero, che crea vestiti da sposa fatti interamente di rose e orchidee, dalla natura si possono ricavare filati poco conosciuti ma di origine antica. Ai "tessuti alternativi" è dedicato un approfondimento durante la mostra 'La stoffa delle artiste' in programma a Treviso fino al 7 dicembre e dedicato alle appassionate di patchwork.
Della fibra di canapa è esperta Daniela Perco, antropologa e direttrice del Museo Etnografico della Provincia di Belluno, dove la si utilizzava per indumenti (camicie da notte, fasce per bebé) e tessili per la casa. Particolarmente resistente, la fibra di canapa era anche mescolata alla lana - che si consumava più facilmente - per dare la cosiddetta "mezzalana", adatta ai capi soggetti all'usura. Considerata una pianta miracolosa per i suoi infiniti utilizzi in campo non solo tessile, ma anche alimentare e terapeutico, la canapa ha origini antichissime ed era coltivata sia in Oriente sia in Occidente. Sopravvive fino a 1500 metri di altitudine ed è un diserbante naturale capace di "soffocare" le erbe infestanti. Il suo impiego come fibra tessile in Italia è legato all'espansione delle Repubbliche marinare, che la utilizzavano per corde e vele delle proprie flotte di guerra, mentre ancora oggi, in Romagna, la si usa nella zona di Sant'Arcangelo, per creare tovaglie decorate con stampi di rame nei due classici colori ruggine e verde.
Della fibra di latte (di riso oppure vaccino, intero o scremato) le fondatrici dell'azienda pisana Duedilatte, Elisa Volpi e Antonella Bellina parlano spiegano che si tratta di un tessuto che sembra avveniristico, ma che nasce in realtà negli anni '30 grazie all'intuizione dell'ingegnere bresciano Antonio Ferretti. Grazie a procedimenti di bioingegneria - oggi molto più sofisticati di allora - si ottiene dalla caseina un filato naturale ed ecologico, adatto anche all'epidermide più delicata perché anallergico e traspirante. E oltre ad essere morbido, luminoso e leggerissimo (pesa il 10% in meno rispetto alla seta, il 13% rispetto al poliestere), fa pure bene alla pelle, visto che le fibre trattengono gli amminoacidi del latte, nutrienti e idratanti. La fibra di latte si presta ad essere combinata con altri filati, ad esempio il cotone organico: l'azienda toscana ci ha provato ed è nato il denim di latte, resistente ma leggero. Accanto alla fibra di latte, Duedilatte lavora quella di riso, ricavata dalle proteine e dalla cellulosa e completamente biodegradabile. Fresco, morbido e flessibile, il filato di riso ricorda il cachemire e ha anch'esso un effetto nutriente grazie agli aminoacidi presenti nella struttura.
L'ortica, spiega Michela Musitelli, artigiana di Enego (Vicenza), che sull'altopiano di Asiago coglie questa pianta, la fila e la tinge con pigmenti naturali , dà origine ad un tessuto caduto nell'oblio, ma che fino a settanta o ottanta anni fa era molto usato in Veneto, in Trentino e nel resto d'Europa, anche se realizzarlo è molto impegnativo: da un fascio di cinque chili di ortica fresca si ottengono appena 15 o 20 grammi di filato, che poi viene tinto con i pigmenti ottenuti da raccolta spontanea (reseda, robbia tintoria, papavero, verga di betulla, noce) o coltivati a partire da semi biologici o biodinamici. Una maglia di ortica è un capo prezioso: per realizzarla, dalla raccolta delle piante al confezionamento, ci si può impiegare anche un anno e mezzo. Vestire biologico, l'azienda della Musitelli, è stata la prima realtà a presentare il filato di ortica locale. Grazie a questa preziosa fibra durante la grande guerra venivano tessute le garze per medicare i soldati feriti e in filato di ortica sono anche realizzati deliziosi abitini per neonati esposti al Britsh Museum. A 'patchwork idea' esposte anche le opere in "tessuto floreale" della green designer Mariarosa Lucchetta (Guscio Verde - Postioma, Treviso), che realizza quilt utilizzando materiali vegetali come fossero stoffe.
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