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Adolescenti, la migliore autodifesa è la fuga, come evitare aggressioni e molestie

Adolescenti, la migliore autodifesa è la fuga, come evitare aggressioni e molestie

Le tecniche di sicurezza personale per formare i ragazzi, evitare rischi e calmare la rabbia

03 novembre 2024, 16:53

di Agnese Ferrara

ANSACheck
Bambini imparano tecniche di autodifesa foto iStock. - RIPRODUZIONE RISERVATA

Bambini imparano tecniche di autodifesa foto iStock. - RIPRODUZIONE RISERVATA

La miglior difesa di fronte ad una aggressione imminente non è l’attacco, è cercare la fuga. Andarsene, non accettare lo scontro. Imparare ad usare la voce invece che la forza e imparare a non distrarsi, avere contezza del proprio corpo. Queste in sintesi le tecniche di difesa personale usate ‘fuori’ dalle palestre.
Se gli allenamenti sono anche fatti di tecniche fisiche per immobilizzare l’avversario, quando usate per la propria sicurezza in strada spaziano su misure, azioni e comportamenti atti a calmare la rabbia, evitare lo scontro, allontanarsi e perfino intuire le situazioni di pericolo che si avvicinano.
Aggressioni, molestie, bullismo, scippi, prepotenze sono casi sempre più comuni e sapere anche come reagire può aiutare, soprattutto agli adolescenti che scorrazzano liberamente per le città senza pensare ai pericoli e a quei ragazzi che vivono nei quartieri più pericolosi e sono quindi maggiormente vittime di soprusi e molestie.
Lo dimostra l’esperienza in uno dei quartieri della periferia di Roma ritenuto più a rischio, Tor Bella Monaca, a cura della Securdan Krav Maga Academy, Direttore Tecnico Daniele Rossi, e svolta presso il centro diurno della parrocchia di Santa Maria Madre del Redentore. All'interno del progetto ‘Liberi di sognare’ che, con iniziative di crowdfunding, propone ai giovani del quartiere spazi aperti dedicati alla lettura, alla scrittura e ad altre attività, è stato realizzato un corso di autodifesa, della durata di sei mesi, dedicato agli adolescenti del quartiere provenienti dalle famiglie in maggiore stato di difficoltà.
Ragazzi che si aspettavano di ‘fare a botte’ e che invece hanno seguito fino alla fine gli insegnamenti alternativi all’uso della violenza.
Quali i principi della difesa personale utili ad evitare conflitti e pericoli imminenti? Risponde all’ANSA Luana Penna, istruttrice della Securdan che ha partecipato alla formazione dei ragazzi: “Proprio quando si pensa che ‘fare a botte’ sia la regola della strada o l’unico modo per difendersi sul momento, l’insegnamento è invece l’opposto, ovvero evitare lo scontro. La migliore difesa è la fuga. Non si imparano le tecniche per conoscere nuovi modi per picchiarsi ma per acquisire maggiore consapevolezza del proprio corpo e imparare a sfilarsi dalle situazioni a rischio, dall’essere aggrediti e dalle possibili molestie.
L’autodifesa non è uno sport da combattimento e non è una questione di forza fisica ma di forza mentale e sicurezza interiore. Con le tecniche ed i principi si impara a capire come mettersi in sicurezza di fronte ai pericoli imparando a riconoscerli per tempo".
In che modo i ragazzi e le ragazze possono prevenire i rischi per strada o in ambienti sconosciuti? Risponde Penna: “Un comportamento molto comune è camminare per strada col telefonino in mano, magari in vie poco illuminate e, nei quartieri più pericolosi, anche nelle ore diurne. Questo atteggiamento espone ad aggressioni e furti perché si è distratti magari per consultare lo smartphone e non si vede l’avvicinamento dei pericoli e, allo stesso modo, ci rende più suscettibili agli interessi dei delinquenti e dei bulli. Evitare quindi di camminare in strada col cellulare in mano, è il primo suggerimento per gli adolescenti”.
“Per le ragazze inoltre insegniamo ad usare la voce come deterrente, - precisa Penna. - Succede infatti, in particolare alle donne, che alla comparsa di un malintenzionato la voce si blocchi e non si riesca a reagire. Tutto si blocca, si resta immobili e in silenzio. Invece bisogna imparare a dire con voce ferma ‘no’, ‘vattene’, allontanandosi”. Altro suggerimento è imparare a controllare la postura del proprio corpo: “Se si resta seduti, con le gambe incrociate, il nostro corpo non ha punti di forza fisica. Meglio in piedi, pronti per reagire, - suggerisce l’istruttrice. “Rispetto alle ragazze, c’è anche un problema di percezione corporea, spesso poca autostima e insicurezza che trasmettono attraverso il corpo. Ecco che il linguaggio non verbale può aiutare. Per esempio alla fermata del bus bisognerebbe evitare di stare a testa bassa, con i piedi incrociati e guardando il cellulare, postura tipica delle adolescenti in attesa dell'autobus. Si deve invece restare con le spalle larghe e livello attentivo elevato. Con l’autodifesa si impara ad avere maggiore contezza del proprio corpo”.
Nei confronti della violenza verbale, una offesa o una parolaccia, anche all’interno dei gruppi, non si risponde urlo contro urlo, come invece accade sovente tra adolescenti: ”Meglio stare in silenzio, ascoltare - se non si viene aggrediti - mantenendo toni bassi e fermi di voce, spiegando le ragioni dell’offesa e uscendo dalla situazione. Usare un linguaggio che non sia lo specchio di ciò che dice chi ci offende aiuta e frenare il flusso delle offese. Non facile ma possibile”. Poi ci sono le “tecniche soft’ della difesa personale, ovvero leve che servono ad allontanarsi dall’aggressore. “Utili per i giovani, soprattutto in tema di molestie verso le donne. Se per esempio si nota che qualcuno supera la distanza di sicurezza, si avvicina troppo e magari si viene prese per un polso, alcune leve permettono di liberarsi, divincolarsi senza andare allo scontro. Prese utili per far capire che quel tipo di contatto non è accettato, neanche per scherzo" precisa Penna.
La difesa personale può aiutare a superare le tante situazioni di pericolo, accrescere la propria autostima e sicurezza, prevenire e mantenere alto il livello di attenzione ma i suoi principi sono utili per tutti. Al corso di Tor Bella Monaca hanno partecipato sia ragazzi che ragazze e la religiosa Suor Anna , del centro diurno della parrocchia. “Come allieva ho sperimentato io stessa le modalità di autodifesa per coinvolgere maggiormente i ragazzi. La situazione nel quartiere non è facile, per loro vale la legge della strada, a cui sono esposti fin da piccoli. Qui vige la cultura dell’attacco. Abbiamo dimostrato loro come gestire meglio la rabbia, che è molto presente in questo quartiere, esaltare l’espressività e l’emotività. Il successo dell’iniziativa lo capiamo dal fatto che hanno partecipato con costanza, aspettavano le lezioni e hanno portato a termine il corso”.

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