Dopo 15 anni di promozione dell'uso del sale iodato l'Italia è 'iodiosufficiente', con una forte diminuzione dei rischi legati alla carenza nutrizionale di iodio, primi fra tutti il gozzo e la sua evoluzione in gozzo nodulare, anche se qualche criticità ancora rimane in gravidanza. Confermata la sicurezza del programma. Lo ha registrato uno studio coordinato dall'Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodioprofilassi in Italia (Osnami) dell'ISS pubblicato dal Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, condotto tra il 2015 e il 2019 con il sistema di sorveglianza PASSI, pure coordinato dall'ISS, gli Osservatori Regionali per la Prevenzione del Gozzo, i Laboratori Regionali di Screening Neonatale e l'Osservatorio Medicinali dell'AIFA.
Nonostante la progressiva riduzione del consumo di sale, l'Italia è risultata 'iodiosufficiente', con una prevalenza di uso del sale iodato del 71,5% negli adulti e del 78% nelle mense scolastiche. Il consumo è maggiore al Nord, nelle donne e nelle persone con un maggiore status socioeconomico.
La prevalenza del gozzo in età scolare è risultata del 2,2%, molto inferiore alla soglia del 5% sopra la quale questa patologia viene definita endemica. Anche la presenza di noduli alla tiroide nella popolazione infantile è risultata bassa (2%).
La percentuale di neonati con un valore di TSH (ormone tiroideo TSH, marcatore utilizzato per lo screening dell'ipotiroidismo congenito e utile per valutare l'apporto di iodio in gravidanza) superiore a 5 microunità su litro è del 5,1%, valore significativamente più basso rispetto al passato ma comunque superiore al limite del 3% considerato sufficiente.
L'utilizzo del sale iodato è risultato sicuro, con una bassa frequenza di autoimmunità tiroidea in età scolare e di ipertiroidismo in tutta la popolazione.
"Rimane qualche preoccupazione per la nutrizione iodica in gravidanza quando il fabbisogno aumenta" commenta Antonella Olivieri, responsabile scientifica dell'OSNAMI.
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