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Hanno 4.000 anni le più antiche tracce della malaria

Hanno 4.000 anni le più antiche tracce della malaria

Dalle impronte dei parassiti nel Dna antico

13 giugno 2024, 10:41

di Leonardo De Cosmo

ANSACheck
Ricostruzione della vita di uno degli indivdui il cui Dna è stato analizzato nella ricerca, vissuto in Nepal nell '800 a.C. (fonte: Purna Lama, Boudha Stupa Thanka Centre, Kathmandu, Nepal) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Ricostruzione della vita di uno degli indivdui il cui Dna è stato analizzato nella ricerca, vissuto in Nepal nell '800 a.C. (fonte: Purna Lama, Boudha Stupa Thanka Centre, Kathmandu, Nepal) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Risale ad almeno 4.000 anni fa il più antico caso di malaria, la malattia che oggi nel mondo colpisce ogni anno 250 milioni persone e ne uccide 600mila, e che a causa dei cambiamenti climatici, sta tornando a diffondersi in territori considerati fino a poco fa fuori pericolo. La storia della malattia è stata ricostruita inseguendo a ritroso le tracce dei parassiti che la veicolano, rimaste imprigionate nel Dna antico estratto dai denti di antiche popolazioni umane, grazie a un'innovativa tecnica genetica. Il risultato si deve al grande studio internazionale pubblicato sulla rivista Nature e guidato da Megan Michel, dell'Istituto tedesco Max Planck per l'Antropologia evoluzionistica e dell'Università di Harvard- La ricerca ha coinvolto 80 istituzioni di 21 Paesi compresa l'Italia, con l'Università di Sassari.

Finora è stato impossibile ricostruire la storia della malaria perché, a differenza di altre malattie, non lascia segni visibili sui resti ossei. Le tracce sono state individuate solo adesso, grazie alla nuova tecnica di analisi genetica, grazie al Dna estratto da 35 individui vissuti nell'arco degli ultimi 5.500 anni.

Si è scoperto così che la malaria era presente in Asia almeno 4.000 anni fa e che in America di sono susseguite due ondare della malattia, la seconda delle quali nel periodo coloniale.

I dati ottenuti in questo ampio studio, osservano i ricercatori, sono utili anche per comprendere meglio l'impatto della malattia sull'evoluzione del nostro genoma e per sviluppare future strategie per contenerne la diffusione.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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