L'attitudine alla musica di ciascuna persona dipende dalle connessioni più o meno forti tra le regioni frontali e parietali del cervello che hanno un ruolo cruciale nella memoria di lavoro. Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications dai ricercatori della Sapienza Università di Roma in collaborazione con quelli dell'Università di Aarhus in Danimarca.
La ricerca sulle basi neurobiologiche delle abilità musicali affascina da sempre i neuroscienziati, che finora hanno focalizzato la loro attenzione su specifiche aree del cervello (come le aree uditive per l'analisi dei suoni) ottenendo risultati insoddisfacenti e difficili da replicare.
Il nuovo studio si è invece basato su un approccio innovativo: anziché concentrarsi su singole aree cerebrali, ha esaminato l’organizzazione della connettività tra queste regioni, ossia come le diverse parti del cervello comunicano tra loro.
Analizzando le immagini cerebrali insieme ai dati cognitivi e musicali relativi a più di 200 individui, i ricercatori hanno ricostruito le reti di connettività cerebrale. Utilizzando la teoria dei grafi (un metodo matematico che studia le proprietà delle reti), hanno scoperto una relazione significativa tra le abilità musicali e l’organizzazione di una rete che collega le regioni frontali e parietali del cervello, note per il loro ruolo cruciale nella memoria di lavoro. Minime differenze nell’organizzazione del nostro cervello potrebbero dunque manifestarsi come variazioni nel comportamento musicale. Queste differenze, amplificate attraverso la trasmissione culturale, potrebbero contribuire alla diversità delle tradizioni musicali che osserviamo nelle varie culture umane.
I risultati dello studio potrebbero avere importanti applicazioni pratiche in ambiti quali l’educazione musicale e la neuroterapia e guidare lo sviluppo di interventi mirati, attraverso tecniche di stimolazione cerebrale, per potenziare le competenze musicali o migliorare le funzioni cognitive.
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