La quantità di acqua presente nel terreno può essere misurata grazie alle vibrazioni prodotte dal rumore del traffico: l’anello di congiunzione sta nei sensori sismici, tipicamente utilizzati per analizzare i movimenti del sottosuolo durante le scosse sismiche, ma che riescono a captare anche quelli prodotti dalle attività umane. L’innovativa tecnica, basata sul fatto che le vibrazioni sono influenzate dall’umidità del terreno, è stata messa a punto da ricercatori del California Institute of Technology, che hanno pubblicato i risultati ottenuti sulla rivista Nature Communications: lo strumento potrà rivelarsi prezioso per aiutare a gestire le risorse idriche in maniera più sostenibile, ad esempio nel settore dell’agricoltura.
Il metodo più usato per valutare la quantità di acqua nel sottosuolo si affida alle immagini scattate dai satelliti, che però solitamente offrono una bassa risoluzione e non possono vedere effettivamente che cosa si nasconde negli strati più profondi. I ricercatori guidati da Zhichao Shen e Yan Yang hanno quindi rivolto la loro attenzione ad uno strumento finora mai usato per questo scopo: i sensori sismici.
Grazie a questa tecnica, dei laser vengono puntati verso i cavi di fibra ottica sotterranei inutilizzati, uguali a quelli che forniscono, ad esempio, la connessione Internet. Quando un’onda sismica, o in questo caso le vibrazioni prodotte dal traffico, si propagano attraverso i cavi, il laser viene curvato: misurando queste oscillazioni è possibile, dunque, risalire al livello di umidità, poiché maggiore è la quantità d’acqua più lente sono le oscillazioni. In questo modo, un cavo in fibra ottica di 10 chilometri può fare le veci di una linea costituita da migliaia di sensori sismici convenzionali.
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