Una delle più grandi sfide legate all'utilizzo dell'energia nucleare sta nel misurare la potenza raggiunta dai nuovi reattori a fusione, e un importante contributo in merito arriva ora da due studi internazionali guidati dall'Italia: pubblicati sulle riviste Physical Review C e Physical Review Letters e guidati dall'Istituto per la Scienza e Tecnologia dei Plasmi del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Milano. Entrambe le ricerche, alle quali hanno contribuito l'Università Milano-Bicocca, l'Università di Milano e il centro di ricerca dell'Enea di Frascati (Roma), sono riuscite a trovare una strada alternativa e molto affidabile all'unica al momento disponibile, sfruttando i raggi gamma prodotti durante la reazione.
Ad oggi l'unica tecnica di misura diretta della potenza di fusione consiste nel contare il numero di neutroni (i costituenti degli atomi insieme a protoni ed elettroni) generati dalla fusione tra deuterio e trizio, i due isotopi dell'idrogeno più utilizzati. Questa tecnica, però, presenta diversi ostacoli: in particolare, richiede procedure molto complesse, oltre a lunghe e costose campagne di calibrazione.
I ricercatori guidati da Marica Rebai per il lavoro su Physical Review C e da Andrea Dal Molin e Davide Rigamonti per quello publicato su Physical Review Letters hanno trovato finalmente un'alternativa.
"Il nuovo metodo sviluppato si basa sulla misura assoluta dei due raggi gamma emessi nella reazione, una misura mai effettuata prima con sufficiente accuratezza", dice Rebai. "Fino ad oggi, l'assenza di un metodo diretto e alternativo al conteggio dei neutroni era un ostacolo alla validazione indipendente dei risultati ottenuti dagli esperimenti in corso e all'autorizzazione dei futuri impianti commerciali", aggiunge Marco Tardocchi dell'Istp-Cnr, coordinatore del progetto. "Questo tipo di misura basata sul conteggio di raggi gamma, invece, rappresenta l'unica tecnica possibile anche in vista dell'utilizzo di futuri reattori basati su carburanti alternativi che non producono neutroni".
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