Dalla medicina alle opere d’arte, dallo spazio al monitoraggio ambientale, si è messo in moto il progetto dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Infn Open, dedicato a mettere in pratica le conoscenze e le competenze ottenute con la ricerca scientifica di base e a ottimizzare i percorsi di trasferimento tecnologico verso le imprese.
Approvato definitivamente nel 2021 e con un costo totale di quasi 1,8 milioni di euro, la prima fase del progetto si concluderà nel 2025 e partirà poi la seconda fase, che mira a concretizzare il percorso intrapreso. “La ricerca fondamentale è il motore principale dell’innovazione e del progresso tecnologico, e dunque dell’intero Paese” dice Oscar Adriani, membro della giunta esecutiva dell’Infn, nel covegno sul progetto organizzato a Roma.
“Un ente di ricerca impegnato alla frontiera della conoscenza come l’Infn rappresenta una vera e propria miniera per il mondo produttivo e, in ultima istanza, per tutta la società”, aggiunge Mariangela Cestelli Guidi, coordinatrice del comitato per il trasferimento tecnologico dell’Infn. “Da qui - prosegue - l’importanza di promuovere e rendere il più efficiente possibile il trasferimento di conoscenza e tecnologia dal mondo scientifico a quello dell’industria”.
Dagli acceleratori di particelle arrivano, ad esempio, molte tecnologie avanzate nel campo della medicina: dall’adroterapia, che usa fasci di protoni o ioni carbonio per il trattamento di tumori resistenti alle terapie convenzionali, ai radiofarmaci altamente selettivi per le cellule tumorali. In questo campo opera Radiantis Research, start-up nata dalla collaborazione tra Infn e Università Sapienza di Roma: “Il radiofarmaco viene iniettato prima dell’intervento, si lega alle cellule tumorali e quindi può guidare l’intervento chirurgico di asportazione del tumore”, afferma Francesco Collamati dell’Infn sezione di Roma. “La nuova tecnica che noi proponiamo si basa sull’idea di usare la radiazione beta – aggiunge il ricercatore – cioè particelle che penetrano meno e sono quindi meno dannose”.
Grazie alla fisica delle alte energie si arriva, poi, anche nello spazio. Ad esempio, gli acceleratori Infn sono utilizzati per testare componenti dei satelliti in ambienti che simulano le condizioni spaziali ricche di radiazioni, e dalle conoscenze accumulate arrivano anche speciali riflettori laser che possono essere montati sui satelliti o sui rover che esplorano la superficie marziana, in modo da monitorarne l’esatta posizione. Si è trovata ad operare in ambito spaziale Omb Valves, azienda che ha avviato una collaborazione con l’Infn per offrire un servizio di qualificazione e fornitura di valvole criogeniche per idrogeno liquido: “Abbiamo ottenuto un contratto con SpaceX per la seconda piattaforma di lancio e siamo in attesa di conferma per la terza piattaforma – sottolinea Pierangelo Scaglia di Omb – e abbiamo anche un contratto con Blue Origin”.
Dalla ricerca dei laboratori dell’Infn sono nate anche tecnologie per la conservazione del patrimonio artistico, in grado di svelarne i segreti nascosti, permetterne l’autenticazione e ricostruirne la storia. Machina, ad esempio, è un acceleratore di nuova generazione dedicato proprio all’analisi dei beni culturali: lungo meno di 2 metri, consente di analizzare opere immobili di grandi dimensioni o troppo fragili per essere spostate. E lo stesso si può dire per le tecnologie all’avanguardia dedicate alla modifica delle superfici, come l’elettrolucidatura al plasma: una tecnologia brevettata dall’Infn che consente di ottenere superfici metalliche estremamente lisce e resistenti, ideali per i settori automobilistico e spaziale.
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