Microscopici funghi, in particolare lieviti formati da una singola cellula, sono i pionieri che colonizzano il suolo lasciato libero dopo migliaia di anni dal ritiro dei ghiacciai artici: assumono, così, il ruolo di architetti di questi nuovi ecosistemi estremamente inospitali, dove le temperature scendono spesso sotto lo zero e dove mancano nutrienti e luce per molti mesi all’anno, catturando carbonio e aprendo la strada ad altri organismi come i batteri.
Lo indica lo studio guidato dall’Università Queen Mary di Londra e dall’Università tedesca Ludwig Maximilian, pubblicato sulla rivista dell’Accademia Nazionale americana delle Scienze, Pnas. I dati ottenuti sono preziosi per capire come risponderà l’ambiente ai cambiamenti climatici in atto. I ricercatori coordinati da James Bradley della Queen Mary hanno esaminato il processo di formazione del suolo che sta avvenendo nelle Isole Svalbard, l'arcipelago a metà strada tra Norvegia e Polo Nord. Qui le temperature stanno aumentando sette volte più velocemente che nel resto del mondo e i ghiacciai sono in rapido declino, esponendo paesaggi aridi che offrono ben poco per sostenere qualsiasi forma di vita.
Per capire la composizione microbica del terreno, così come la quantità di carbonio immagazzinata e quella emessa sotto forma di CO2, gli autori dello studio hanno effettuato analisi del Dna. Hanno così dimostrato che i funghi, in particolare alcuni lieviti, svolgono un ruolo decisivo nella stabilizzazione del carbonio assimilato. “Abbiamo scoperto che questi funghi specializzati non solo sono in grado di colonizzare gli aspri paesaggi artici prima di qualsiasi altra forma di vita più complessa – dice Bradley – ma che forniscono anche una base di partenza affinché il suolo possa svilupparsi e altre forme di vita possono prosperare”.
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