Aumenta il numero delle imprese italiane colpite da un attacco informatico. Nel 2024, il 73% delle grandi aziende nostrane ha subito almeno un tentativo di violazione, spingendole a investire di più in sicurezza. Nonostante ciò, l'Italia rimane all'ultimo posto tra i membri del G7 nel rapporto tra spesa in cybersecurity e Pil, con valori ancora lontani da quelli di Stati Uniti e Regno Unito. Lo dicono gli ultimi dati dell'Osservatorio Cybersecurity & Data Protection del Politecnico di Milano, secondo cui il mercato italiano della cybersecurity è in crescita del 15%, raggiungendo nel 2024 un valore di 2,48 miliardi di euro.
Si prevede un ulteriore aumento nel 2025, con il 57% delle grandi organizzazioni che considera la sicurezza informatica una priorità di investimento nel digitale e il 60% che intende aumentare la spesa. Il principale fattore di rischio cyber è quello "umano" (75%), seguito dall'obsolescenza delle infrastrutture (73%) e dalle azioni malevole dei cybercriminali (59%). Un gap che si riflette anche sulle competenze professionali di figure specializzate. Oltre il 40% delle società più grandi non prevede infatti la figura del Ciso, il Chief Information Security Officer, a cui si deve la gestione dei rischi informatici.
La ricerca dell'Osservatorio evidenzia un crescente "cyber divide": la capacità di seguire le minacce non si diffonde alla stessa velocità con cui esse aumentano, e dunque la protezione rischia di diventare un "privilegio" per poche organizzazioni. "È essenziale che le istituzioni locali ed internazionali continuino a lavorare per abbattere le barriere che impediscono l'introduzione di tecnologie e competenze", afferma Alessandro Piva, Direttore dell'Osservatorio. Le due azioni principali adottate dalle grandi organizzazioni italiane per fronteggiare il rischio cyber sono consolidare la tecnologia di cybersecurity (74%) e potenziare i programmi di formazione e sensibilizzazione (63%).
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