"Il prezzo del caffè al bar deve riflettere esclusivamente la qualità del prodotto in tazza e il livello del servizio offerto e non può più essere il risultato di speculazioni politiche o legato a un prezzo fisso, storicamente troppo basso". E' ferma la posizione dell'Istituto Espresso Italiano, realtà che rappresenta tutta la filiera italiana, con il presidente Luigi Morello che interviene nella discussione in atto sull'aumento dei prezzi dell'espresso nei pubblici esercizi. "No deciso alla strumentalizzazione del settore", fa sapere il presidente, precisando che "il barista rappresenta l'ultimo miglio nella trasformazione della materia prima, quindi il prezzo della tazzina di caffè rappresenta a sua volta l'ultimo passaggio nella catena del valore: entrambi costituiscono elementi critici su cui si regge l'intera filiera". Ecco perché l'invito dell'Istituto a riflettere con attenzione, evitando conclusioni affrettate e a considerare che l'Italia è l'unico Paese che non riesce a valorizzare adeguatamente la figura del barista e a riconoscere il giusto valore del caffè.
Morello ricorda che sulla tazzina di espresso gli aumenti sono al di sotto dell'inflazione, continuando a mantenerne il prezzo tra i più bassi d'Europa. Ad essere salito sono anche costi e materie prime. "Negli ultimi 18 mesi i torrefattori - ha spiegato il presidente - si sono trovati ad affrontare una difficile reperibilità del caffè, il costante aumento dei prezzi e ulteriori problematiche logistiche". Ma tutto il settore sta attraversando momenti difficili, anche a causa della mancanza di personale qualificato. La bassa redditività non solo ha ridotto il numero degli esercenti, ma ha anche reso difficile offrire stipendi adeguati, facendo sì che la professione del barista sia meno attrattiva. Secondo Fipe Confcommercio, infatti negli ultimi 10 anni il numero delle imprese che svolgono attività esclusivamente di bar è diminuito di oltre 22mila unità.
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