Si fa sempre più serrata la lotta
alla 'pesca fantasma', con lenze, cime e altri attrezzi
abbandonati o persi accidentalmente in mare che possono uccidere
pesci, coralli, danneggiare la posidonia e tante altre specie.
Sono vere e proprie trappole per animali e vegetali che
contribuiscono, tra l'altro, all'inquinamento da plastica negli
oceani, rappresentando almeno il 10% dei rifiuti marini, vale a
dire fino a 1 milione di tonnellate abbandonate ogni anno.
Una piaga che coinvolge anche le aree marine protette
italiane dove, secondo un'ampia operazione del Wwf Italia, la
metà degli attrezzi da pesca ritrovati sui fondali anche delle
zone limitrofe mappate, è costituito da lenze derivanti da
attività ricreative; attività, queste, generalmente consentite e
regolamentate, ma dove occorre maggiore consapevolezza e
responsabilità.
Nel 2024, fa sapere il Wwf Italia, sono stati censiti 91
attrezzi su 350 metri lineari di costa (il 2% della linea di
costa dell'Area marina protetta di Portofino) a una profondità
media di 40 metri, con 950 organismi impattati. Si stima quindi
che in 7 chi,ometri di costa se ne trovino oltre 1.800 con danni
a 18mila organismi. Non manca tuttavia il lavoro tra pescatori
professionisti e ricreativi in questa area per ridurre il
rischio di dispersione degli attrezzi. A questo proposito
Confcooperative Fedagripesca sta sperimentando reti
biodegradabili a impatto zero per l'allevamento offshore di
molluschi, in particolare di cozza o ostrica piatta.
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