Aumento dei costi di produzione a
fronte di riduzione dei prezzi all'ingrosso, concorrenza
spietata di mieli esteri di scarsa qualità, ma anche e
soprattutto, una fortissima esposizione ai cambiamenti
climatici. Sono questi i problemi che affliggono i 72mila gli
apicoltori oggi in Italia, tra professionali e coloro che
producono per autoconsumo, con oltre 1 milione di alveari. Un
settore che conta oltre 22mila aziende agricole, con un trend in
continua crescita, visto che il Censimento dell'Istat del 2020
ha registrato un aumento del 57% di alveari rispetto al 2010.
E' quanto emerge dal Rapporto Crea 'Api e Miele: opportunità:
potenzialità e minacce per una filiera essenziale', nell'ambito
delle attività delle Rete Rurale Nazionale. Un patrimonio
produttivo che nel 2022 ha raggiunto 23mila tonnellate, quasi il
doppio rispetto all'anno precedente, quando si era fermato a
12.450 tonnellate, che comunque resta insufficiente rispetto
alla domanda, per cui le importazioni raggiugono le 26.500
tonnellate per un valore di 100,8 milioni.
Secondo il rapporto, oltre la metà delle aziende apistiche si
concentra nelle regioni del Centro Nord, mentre quelle
meridionali sono numericamente inferiori, ma mediamente più
grandi, anche se con dimensioni molto piccole di Superficie
agricola utilizzata (oltre il 50% non arriva a 1 ettaro). Nel
74% di casi si tratta di aziende con un orientamento produttivo
misto, che comprende sia attività di coltivazione che di
allevamento. Un comparto che può contare, in questi ultimi anni,
su una crescente attenzione. Alla filiera con la programmazione
2023-2027 sono stati destinati oltre 83,8 milioni di euro, per
il 30% stanziate dalla Pac (25,1 milioni e per il 70% (58,6
milioni ) cofinanziate con risorse nazionali. L'Italia può
contare su 30 varietà di mieli uniflorali e diversi millefiori,
fortemente caratterizzati sul territorio.
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