Il Pecorino Romano non conosce
battute d'arresto sul mercato nazionale e internazionale: nella
campagna
2022-2023 la produzione si è attestata a 366mila quintali, in
aumento del 12,4% rispetto alla precedente, e il valore annuale
medio delle vendite è stato pari a 13,48 euro al chilo, in
incremento rispetto al 2022 di oltre il 16%. Un elemento, questo
del prezzo, che ha portato grande giovamento all'intera filiera.
Un prodotto in piena salute, dunque, che in Sardegna spinge il
comparto dell'agroalimentare con circa 500 milioni di fatturato
annuo alla produzione e che resta un punto di riferimento
fondamentale nel settore del formaggio ovino nelle altre due
zone di produzione, il Lazio e la provincia di Grosseto.
Oggi, a Oristano, l'assemblea dei soci del Consorzio di
tutela ha dato il via libera al bilancio annuale del 2023.
All'assemblea erano presenti l'assessore regionale
dell'Agricoltura Gianfranco Satta, il professor Giuseppe Pulina,
docente dell'Università di Sassari, e Chiara Volpato di Nomisma,
con focus sulle caratteristiche tecniche del prodotto e
sull'evoluzione dei mercati e i nuovi trend di consumo.
"Abbiamo raggiunto risultati straordinari grazie all'impegno
di tutti i soci che quotidianamente lavorano per far crescere il
prodotto, migliorarlo e renderlo appetibile su mercati sempre
diversi - dice il presidente del Consorzio di tutela, Gianni
Maoddi - I numeri che registriamo attualmente, dopo i picchi
raggiunti nel corso del 2023, segnano un risultato di grande
stabilità, fondamentale per lo sviluppo sui mercati perché
fornisce il reale valore del prodotto. Mantenendo queste
condizioni, si può ben sperare anche per il futuro", aggiunge
Maoddi.
Il Pecorino Romano ha confermato anche durante la stagione
2022-23 la forte propensione all'export, con il 70% della
produzione destinata ai mercati internazionali. In particolare,
il 40% del prodotto esportato arriva nel mercato degli Stati
Uniti, solidamente al comando. Il 18% va nel mercato dell'Unione
Europea, il 3% in quello del Canada, il 2% in Giappone e il
restante 7% è distribuito fra i diversi mercati esteri extra
europei.
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