"La nostra battaglia in Europa è permettere al consumatore di scegliere quale miele acquistare sullo scaffale: a questo serve l'etichetta con l'indicazione di origine sui vasetti che dovrà contenere anche le diverse percentuali delle miscele, tenendo sempre bene a mente che non potrà mai costare meno di 9 euro al chilo, come ha indicato un recente studio di Ismea". Parla così all'ANSA il segretario generale di Miele in Cooperativa, Riccardo Terriaca, molisano, realtà che rappresenta 390mila alveari in tutta Italia, che da tempo porta avanti una campagna di chiarezza in Europa sulla provenienza del prodotto.
"Inizio a vedere un pò di luce in fondo al tunnel", confessa Terriaca, soddisfatto del recente voto in plenaria del Parlamento europeo che ha approvato nuovi obblighi di trasparenza sull'origine in etichetta per una serie di prodotti tra cui il miele, "un ulteriore passo verso la trasparenza, un tema sul quale l'Italia è stata coraggiosamente pioniera. In Europa, infatti - ricorda - non c'è l'obbligo di indicare in etichetta l'origine del miele o i paesi di origine, nel caso delle miscele. Solo l'Italia ha fatto questa scelta, in totale autonomia. La direttiva dovrà indicare quindi l'esatta composizione della miscela del miele che viene ottenuta mettendo insieme in genere mieli di diverse origine. È nostro dovere dire al consumatore quale sia l'origine delle varie miscele e in che percentuale".
"Diciamo che è l'etichetta a giustificare il prezzo del miele di qualità, un po' come quello che avviene per l'olio extra vergine di oliva", aggiuge Terriaca, precisando ancora che "il miele italiano è da preferire non perchè è italiano, ma perchè è di qualità assoggettato ad un sistema di controllo che garantisce il consumatore come nessun altro. Del resto il vero problema per chi produce è l'invasione di miele che arriva soprattutto dalla Cina, pura concorrenza sleale". Ma la strada non è ancora finita, conclude Terriaca che ha un sogno nel cassetto, quello delle percentuali dlele miscele che potrebbe avverarsi.
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