I cambiamenti climatici diventano
un fattore critico anche per il vino, richiedono strategie di
adattamento ma possono anche offrire opportunità. "Possono
influenzare i 'terroir' e la qualità del vino, con una possibile
variazione delle aree di produzione storica" e costringere
enologi e produttori di vino a "cercare strategie di adattamento
e nuove opportunità". Sono le conclusioni del Gruppo Tecnico
Masi, coordinato da Raffaele Boscaini, e presentate al 34esimo
Seminario organizzato in occasione di Vinitaly dal titolo "I
grandi cru di Amarone".
"Dagli anni '50 Masi è stata pioniera nel valorizzare in Italia
il concetto di cru (termine di origine francese che denota un
vino proveniente da un singolo vigneto di cui trae il nome) -
racconta il presidente Sandro Boscaini - selezionando,
attraverso approfondite ricerche pedoclimatiche e storiche, i
pregiati vigneti Campolongo di Torbe, Mezzanella e Mazzano, che
danno il nome agli omonimi vini, massima espressione della
Valpolicella Classica".
"Il cambiamento climatico pensiamo potrebbe portare i suoi
effetti sulla vite, sulla bacca e sul suolo e modificandone il
profilo aromatico del vino" spiega il docente universitario di
viticoltura, Attilio Scienza e suggerisce, in considerazione di
questo di "pensare in futuro a una eventuale modifica del
disciplinare, sostituendo le varietà attuali con altre meglio
adattabili, stabilendo delle 'uga', unità geografiche
aggiuntive', le cosiddette 'cru all'italiana', già adottate dai
Consorzi del Barolo, del Prosecco Superiore e del Chianti.
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