(di Samantha Agrò)
I rapporti intimi tra moglie e
marito non possono essere visti come un obbligo coniugale. In
una sentenza pronunciata contro la Francia, destinata a
diventare un punto fermo nella lotta alla violenza domestica, la
Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha stabilito che in caso
di divorzio nessuna donna può essere considerata "in torto" dai
tribunali per aver rifiutato rapporti intimi. La motivazione dei
giudici di Strasburgo è netta: imporre il sesso come dovere
coniugale "è in contrasto con la libertà sessuale, il diritto
all'autonomia corporea e l'obbligo degli Stati di prevenire la
violenza domestica e sessuale".
A fare ricorso alla Cedu era stata una donna francese di 69
anni che, dopo ventotto anni di matrimonio e quattro figli, nel
2012 aveva chiesto il divorzio dal marito, sostenendo che l'uomo
aveva dato priorità alla carriera a scapito della vita familiare
ed era stato irascibile, violento e offensivo. Accuse a cui lui
si era opposto chiedendo a sua volta di attribuire a lei la
colpa, poiché si era sottratta ai suoi doveri coniugali
smettendo di avere rapporti sessuali.
In primo grado i giudici hanno scelto una posizione neutrale:
hanno ritenuto che i problemi di salute della donna, causati da
un incidente nel 2005 e da un'ernia, fossero una motivazione
valida per giustificare l'assenza di rapporti intimi nella
coppia. Di conseguenza, ha stabilito che non vi fossero basi per
attribuire la colpa del divorzio a nessuno dei due coniugi. La
battaglia legale è tuttavia proseguita: la donna ha presentato
appello, vedendosi però in secondo grado attribuire la colpa
esclusiva del fallimento del matrimonio costringendola a pagare.
Tra le motivazioni spicca una frase che fa discutere: "I dati
medici non possono giustificare il continuo rifiuto di rapporti
intimi col marito". Una posizione confermata anche in Cassazione
nel 2020.
A quel punto gli avvocati della donna, sostenuti anche dal
Collettivo femminista contro gli stupri (Cfcv), hanno portato il
caso a Strasburgo invocando l'articolo 8 della Convenzione
europea dei diritti umani che tutela il rispetto della vita
privata e familiare. La Cedu le ha infine dato ragione su tutta
la linea. "Il consenso al matrimonio non può implicare quello a
rapporti sessuali futuri. Pensare il contrario significherebbe
negare la natura riprovevole dello stupro coniugale", hanno
evidenziato i togati di Strasburgo. Il messaggio è
inequivocabile: il consenso deve essere libero, consapevole e
legato al momento specifico e alle circostanze, non qualcosa di
dato per scontato. Una sentenza netta nei confronti delle
autorità pubbliche francesi: la Corte ha affermato di non
riuscire "a individuare alcuna ragione" per "giustificare"
l'ingerenza "nella sfera della sessualità".
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