Tempesta perfetta o meno, l'Europa non intende piegarsi a nuovi ricatti di Mosca. Le rotte alternative per l'energia "sono già mappate", la dipendenza dal gas russo è crollata al 15% delle importazioni e il futuro porta il nome delle energie pulite, idrogeno e nucleare in testa. Esortati da Bruxelles a prepararsi "allo scenario peggiore" per il prossimo inverno - quando il contratto di transito delle forniture russe attraverso l'Ucraina terminerà -, i ministri dell'Energia dei Ventisette corrono ai ripari licenziando una nuova proroga - fino al marzo del 2025 - del regolamento d'emergenza per continuare a ridurre i consumi. E a margine della riunione i lavori vanno avanti spediti su rinnovabili e atomo con l'Italia impegnata su entrambi i fronti. Tutti elementi sufficienti a indicare, nelle parole della commissaria Ue Kadri Simson, che l'Europa "non ha alcun interesse a prolungare il contratto" trilaterale. Tutto il contrario: la dipendenza deve finire "al massimo entro il 2027".
I rischi combinati alimentati dalla Russia, dai tagli al petrolio dell'Opec+, dalla crisi nel Mar Rosso e dalle possibili ondate di gelo, associati alla volatilità ancora forte del mercato del gas, non permettono ai Ventisette di sentirsi "fuori pericolo". E, nonostante i "progressi" fatti dall'inizio dell'invasione russa, l'appello sintetizzato dalla presidenza del Belgio è a "non allentare gli sforzi" per mettersi al riparo anche dal possibile aumento dell'inflazione e dei prezzi energetici. In tutta risposta i titolari dell'Energia Ue mettono al sicuro il taglio coordinato del consumo di gas di almeno il 15% rispetto alla media dei volumi registrati tra il 2017 e il 2022, pur trasformando il regolamento d'emergenza in una raccomandazione non vincolante.
Poi la discussione si sposta tutta sull'incombente scadenza - il 31 dicembre - del contratto di transito del gas stretto nel 2019 tra la russa Gazprom e l'ucraina Naftogaz per consentire il transito dei flussi verso l'Europa. Non sarà certo Bruxelles, scandisce Simson, a mediare per un rinnovo. Con la fine del contratto, le forniture all'Europa dalla Russia scenderanno di un ulteriore 5%. Anche per questo la sicurezza dell'approvvigionamento, nella visione di Palazzo Berlaymont, richiederà "uno stretto monitoraggio e coordinamento" per "garantire l'inverno 2024/2025". Dall'inizio dell'invasione in Ucraina le azioni per affrancarsi dalla dipendenza energetica di Mosca entro il 2027 - tra investimenti nelle rinnovabili e diversificazione dei fornitori -, è la sottolineatura, hanno comunque dato i loro frutti. Numeri alla mano, nel 2023 il gas russo era solo il 15% dell'import totale Ue (pari a 43 miliardi di metri cubi, di cui 18 miliardi di metri cubi di gnl) rispetto a una quota che superava il 50% (circa 150 miliardi di metri cubi) prima del conflitto. Ora per prepararsi a possibili shock, è l'esortazione che arriva dall'Europa centrale e sud-orientale che potrebbero subire l'impatto più pesante dallo stop ai flussi russi, sarà necessario ad esempio "aumentare gli investimenti negli impianti in Germania". Lo scenario del resto allarma soprattutto Austria, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Il dialogo con le capitali, nella rassicurazione di Bruxelles, è "stretto" e i bilaterali "in corso". Anche perché la prospettiva, se abbinata a una prolungata ondata di freddo, potrebbe creare "le condizioni peggiori". Con "costi di trasporto più elevati" determinati dalla ricerca di rotte alternative da parte dei Ventisette e dai "prelievi di stoccaggio" che potrebbero "rendere la diversificazione più difficile e costosa".
I ricatti del Cremlino con i tagli unilaterali delle forniture negli ultimi due anni hanno comunque permesso ai Ventisette di trovare "fornitori e rotte alternative", ha scandito Simson. A fare il resto, nella visione di Palazzo Berlyamont, ci hanno pensato il RePowerEu e gli acquisti congiunti che hanno contribuito a lasciarsi alle spalle questo inverno con stock ancora pieni al 62% grazie a quattro aste che nel corso del 2023 hanno fatto incontrare domanda e offerta per un valore di circa 42 miliardi di metri cubi di gas.
Per non perdere la rotta, nella via delineata da Bruxelles e sostenuta anche dal ministro Gilberto Pichetto, diventa sempre più necessario puntare su rinnovabili e nucleare nel solco degli investimenti finanziati anche con i Pnrr nazionali. Un impegno comune pur con l'antica contrapposizione sull'asse Berlino-Parigi. Da una parte il club degli Amici delle rinnovabili, guidato da Germania e Austria e sostenuto anche da Roma, che mette in luce "il potenziale del biometano e dei gas rinnovabili" per la decarbonizzazione e gli obiettivi climatici al 2040. Dall'altra la Francia a dare nuovo slancio all'offensiva dell'Alleanza sull'atomo - dove l'Italia è osservatrice -: servono subito, nella proposta messa sul tavolo dal ministro Bruno Le Maire, progetti comuni per i mini reattori nucleari "come già fatto per idrogeno verde e le batterie" e, soprattutto, finanziamenti della Banca europea per gli investimenti. Tasselli di un mix energetico che sta a cuore anche a Roma. L'idrogeno e il nucleare di ultima generazione, è l'intesa tra Pichetto e l'omologo francese, hanno una "funzione determinante".
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