Acque di scarico, da un lato. Aria inquinata, dall'altro. Bruxelles torna a bacchettare l'Italia "inadempiente" su alcuni obiettivi di sostenibilità del Green Deal. Il pacchetto di procedure d'infrazione di marzo si è aperto con la decisione del governo di Bruxelles di deferire quello di Roma alla Corte di Giustizia dell'Ue per non aver rispettato alcuni obblighi di raccolta e trattamento degli scarichi idrici previsti dalla direttiva Ue. Un braccio di ferro tra Roma e Bruxelles che va avanti da anni e che nel giugno 2018 ha visto l'invio della lettera di costituzione in mora, seguita dal parere motivato nel 2019 che hanno avviato l'iter della procedura d'infrazione.
Nulla da fare. Nonostante "alcuni progressi" riconosciuti dal governo comunitario, gli sforzi dell'Italia per conformarsi alle norme sono stati "finora insufficienti". Da qui, la decisione di deferire alla Corte il Paese che potrebbe trovarsi a pagare una multa per insostenibilità. Bruxelles accusa Roma di "mancanza di conformità" in ben 179 agglomerati urbani, ovvero i comuni con più di duemila abitanti. L'Italia - scandisce l'esecutivo europeo - deve ancora garantire che i sistemi di raccolta delle acque reflue siano in funzione in 36 agglomerati; in 130 il Paese non riesce ancora a trattare correttamente le acque reflue raccolte; e, ancora, in 12 non rispetta l'obbligo di trattamento più severo per le aree sensibili. Infine, per 165 agglomerati, l'Italia non riesce a monitorare che gli scarichi idrici soddisfino, nel tempo, le condizioni di qualità. Ma la lente di Bruxelles si è soffermata sull'Italia anche con altre tre procedure d'infrazione nel quadro della direttiva che ha lo scopo di proteggere l'ambiente dagli scarichi di acque reflue da fonti urbane e settori industriali specifici. In tutto quindi quattro procedure d'infrazione pendenti che riguardano ben 900 agglomerati urbani con più di 2000 abitanti in tutto il territorio italiano. La Commissione, interpellata su quali siano le Regioni interessate, non ha voluto dare dettagli.
Acque reflue ma non solo. Anche l'altra tegola sulla testa del governo di Roma non è una novità e riguarda i livelli di inquinamento dell'aria per cui il Paese è da tempo ormai sotto la lente di Bruxelles. A Roma - denuncia la Commissione - è passata "inosservata" la sentenza di condanna della Corte di giustizia Ue emessa nel 2020. E nel 2022 la Commissione ha constatato che in ventiquattro aree la qualità dell'aria presentava "valori limite giornalieri" di concentrazione dell'inquinamento superiori al consentito e una zona superava i limiti annuali. Limiti che appartengono alla 'vecchia' direttiva sulla qualità dell'aria che l'Ue ha modificato solo di recente per renderli più stringenti, garantendo però al Nord Italia dieci anni in più per attuarli riconoscendogli "specifiche condizioni climatiche e orografiche". L'Italia ha ora due mesi di tempo per rispondere e "colmare le carenze". In assenza di una risposta "soddisfacente", l'esecutivo Ue potrebbe portare avanti la procedura fino ad arrivare a un nuovo deferimento alla Corte.
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