Dalla Lettonia alla Francia. Dall’Irlanda al Portogallo e la Spagna. Sono quindici gli Stati membri dell’Ue (compresi anche Austria, Cipro, Danimarca, Estonia, Grecia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Slovacchia e Slovenia) ad aver presentato alla Commissione europea il 14 maggio un documento informale ('non-paper') per chiedere maggiori sforzi di decarbonizzazione nel settore del raffreddamento e del riscaldamento, esortando la Commissione europea a presentare l’annunciato (e poi sparito dall’agenda) piano d’azione per le pompe di calore e rivedere anche la strategia Ue su riscaldamento e raffreddamento, risalente al 2016.
Il piano per la diffusione su larga scala delle pompe di calore è pensato nell’ottica di eliminare gradualmente le caldaie a gas entro il 2029, come previsto dalle nuove norme sull’ecodesign (ovvero la progettazione ecocompatibile dei prodotti). Annunciato nel 2023 con l’avvio di una consultazione pubblica e calendarizzato per il 2024, è poi sparito dall’agenda legislativa dell’esecutivo comunitario principalmente per la levata di scudi contro la direttiva case green che ha visto anche l'Italia in prima linea. Non eliminato dall'agenda, ma più verosimilmente slittato a data da destinarsi. In vista delle elezioni di giugno, sarà il prossimo esecutivo europeo a occuparsene.
Gli edifici dell'Ue rappresentano il 42% del consumo energetico finale e circa il 35% delle emissioni di gas serra legate all’energia, e secondo le stime di Bruxelles circa l’80% del consumo energetico negli edifici è legato al fabbisogno di riscaldamento e raffrescamento. I 15 firmatari ritengono dunque che il settore del riscaldamento e raffreddamento, in particolare quello delle città debba svolgere un "ruolo significativo" ai fini degli obiettivi di decarbonizzazione dell'Ue al 2030, 2040 e 2050.
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