(di Lorenzo Padovan)
"Penso che oggi non abbiamo
leader, da ogni parte della frontiera, che siano capaci di
negoziare, di fare compromessi, compromessi dolcemente: come
puoi raggiungere un accordo senza compromessi? Se avessi potuto
scegliere un'abilità che mio nonno aveva, avrei fatto questo,
negoziare. Ciò significa anche essere empatici, ciò significa
anche capire l'altro lato, anche se tu non lo aggredisci. E non
abbiamo questo ora in Israele". È la convinzione dello scrittore
israeliano Eshkol Nevo, in una conversazione con l'ANSA, alla
vigilia della sua partecipazione al festival letterario
Pordenonelegge, riferendosi al conflitto in Medio Oriente.
Lo scrittore è partito da ciò che, a suo avviso, in questa
situazione, avrebbe fatto il nonno, Levi Eshkol, primo ministro
in Israele per gran parte dei caldissimi anni Sessanta. "Era
conosciuto proprio per la sua capacità di negoziare - ha
ribadito -. Aveva una frase molto famosa: passo di compromesso
in compromesso fino a ottenere ciò che voglio".
E un'eventuale avvicendamento al ministero della Difesa come
si vocifera, sostituendo Gallant con un esponente
dell'ultradestra, per Nevo andrebbe nella direzione opposta
della soluzione da lui auspicata: "Penso che in questo momento
abbiamo bisogno di persone che siano propense all'avvicinamento,
abbiamo bisogno di una spinta, di qualcuno che abbia una visione
per il Medio Oriente, qualcuno che sia un pensatore
indipendente. E, quindi, è meglio che tutto rimanga così, che il
ministro della Difesa rimanga l'attuale, soprattutto perché
l'ultima volta è finita con dimostrazioni e proteste".
Nevo è in Italia per una serie di presentazioni di "Legami",
un libro di racconti che sta avendo gran successo. "Sono
orgoglioso perché è la dimostrazione che un artista può fare
quello che vuole, indipendentemente dal mercato editoriale che
magari privilegia altri tipi di narrazioni e di marketing. Penso
che i lettori lo sentano e mi rimangano accanto. Il mio legame
con i lettori italiani è una specie di miracolo nella mia vita.
È davvero raro che uno scrittore trovi una casa per i suoi libri
e io ne ho addirittura due, quella israeliana e quella italiana.
È una sorta di connessione di cuori, che è quasi inspiegabile".
Non esclude nemmeno che possa, un giorno, dedicarsi a
scrivere un romanzo: "Ho un'idea, ma sento che ora è davvero
difficile scrivere a causa della guerra - ha confidato - Le
uniche cose che riesco a scrivere sono Il diario di Israele, per
il Corriere della Sera, e piccoli pezzi di ricordi biografici di
questo anno folle. È difficile scrivere narrativa quando la
realtà è oltre la finzione, oltre ciò che hai immaginato.
Quindi, in un certo senso, sto aspettando che la guerra finisca
per iniziare il mio nuovo romanzo", ha concluso.
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