Il presidente serbo Aleksandar
Vucic, intervenendo a una seduta straordinaria del consiglio di
sicurezza dell'Onu, ha denunciato l'estrema precarietà della
situazione in Kosovo, dove a suo dire la locale popolazione
serba viene quotidianamente oppressa e perseguitata dalle misure
ostili e discriminatorie del governo di Albin Kurti. Ultima
quella relativa alla messa al bando del dinaro, la valuta serba
che circola in parallelo all'euro, adottato da Pristina per
convenzione nel 2002.
Una situazione quella del Kosovo, ha osservato Vucic, che è
in aperta violazione della Carta delle Nazioni Unite, del
diritto internazionale e della risoluzione 1244 adottata dal
consiglio di sicurezza alla fine della guerra nel 1999 e che è
ancora in vigore. In base a tale risoluzione, ha ricordato il
presidente, il Kosovo è parte integrante della Serbia, un
territorio posto sotto amministrazione internazionale. E' stata
questa la ragione che ha indotto Belgrado a chiedere la seduta
del consiglio di sicurezza, alla quale a rappresentare Pristina
vi era il premier Kurti. Il dinaro, ha affermato Vucic, è la
valuta e il mezzo di pagamento legale in circolazione in Serbia,
e per questo non può essere vietato in Kosovo, un territorio che
fa parte della Serbia. L'euro al contrario, ha aggiunto, è stato
introdotto in Kosovo illegalmente con una decisione unilaterale
della dirigenza di Pristina. Cosa questa, per Vucic, confermata
dalle informazioni ufficiali di Ue e Bce secondo cui il Kosovo
utilizza l'euro dal 2002 quale propria valuta de facto. Secondo
il presidente, la messa al bando del dinaro è una "decisione
pericolosa" che mette a rischio la sopravvivenza di decine di
migliaia di serbi del Kosovo che ricevono direttamente
dall'amministrazione serba a Belgrado salari, pensioni e
sussidi. E minaccia la formazione della Comunità delle
municipalità serbe in Kosovo, un punto cruciale previsto
dall'importante accordo del dialogo fra Belgrado e Pristina del
2013.
Il premier kosovaro Albin Kurti, nel suo intervento al
consiglio di sicurezza dell'Onu, ha detto che le restrizioni sul
dinaro serbo e l'affermazione dell'euro quale unica valuta in
circolazione in Kosovo "non impedisce in nessun modo" alla
dirigenza di Belgrado di continuare a sostenere i serbi del
Kosovo.
Le ultime misure della Banca centrale del Kosovo, ha
aggiunto, sono state adottate per consentire la piena
trasparenza delle finanze pubbliche. "Faremo di tutto per
consentire che i serbi del Kosovo continuino a ricevere gli
aiuti dalla Serbia. Siamo impegnati a trovare il modo migliore
affinchè tali transazioni proseguano", ha affermato il premier,
che al tavolo del consiglio di sicurezza era presentato col solo
nome e cognome, senza la sua funzione.
Il Kosovo, che ha proclamato unilateralmente l'indipendenza
dalla Serbia il 17 febbraio 2008, non è membro delle Nazioni
Unite. La Banca del Kosovo, ha osservato Kurti, ha fatto
pervenire alla Banca nazionale serba una nota in cui si propone
un periodo transitorio al fine di informare la popolazione
serba, senza imporre sanzioni. E con riferimento alle accuse di
persecuzione e spopolamento dei serbi costretti ad andar via, il
premier ha detto di ritenere che l'emigrazione dei serbi del
Kosovo sia da collegare con la "ricerca di migliori condizioni
economiche", a cominciare dai paesi dell'Europa occidentale, e
non con una "presunta pulizia etnica", come sostenuto da
Belgrado. Il suo governo, ha ancora detto Kurti, mira alla
costruzione in Kosovo di una società multietnica basata sulla
democrazia e lo stato di diritto, e "condivide i frutti del
progresso con i rappresentanti delle minoranze" presenti nel
Paese. E per le comunità serbe in Kosovo sono diretti milioni di
euro per "svariati progetti". Kurti ha quindi invitato il
presidente serbo Aleksandar Vucic, presente alla seduta del
consiglio di sicurezza, a firmare un accordo con Pristina, per
mostrare con un atto simbolico "l'impegno a rapporti di buon
vicinato".
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