(di Fausto Gasparroni)
(ANSA) - CITTÀ DEL VATICANO, 11 MAR - Per quasi l'intero
primo decennio di pontificato, Francesco ha avuto in sorte di
essere il primo Papa della storia a dover convivere in Vaticano
col suo predecessore. La storica rinuncia di Benedetto XVI,
primo Papa a dimettersi da sei secoli e la sua decisione di
restare a vivere nella Città Leonina, seppur appartato nell'ex
monastero Mater Ecclesiae, hanno determinato una situazione
davvero senza precedenti: per la prima volta in duemila anni di
storia della Chiesa due Papi si trovavano a coesistere in
Vaticano.
Joseph Ratzinger, tra l'altro, pur avendo lasciato il
pontificato, non volle essere chiamato "vescovo emerito di
Roma", come consigliato da alcuni canonisti, scegliendo la
denominazione di "Papa emerito" o "Romano Pontefice emerito",
mantenendo anche la veste bianca, per quanto senza mantellina, e
il titolo di "Sua Santità".
Comunque la 'coabitazione' col successore, papa Francesco -
cui al momento di lasciare il papato a fine febbraio 2013 aveva
promesso "obbedienza" -, è stata per alcuni anni senza scosse,
di perfetta armonia, priva di ogni ingerenza nel governo della
Chiesa come di atti o dichiarazioni che potessero mettere in
dubbio l'autorità o le decisioni del Pontefice in carica. Vivere
"nascosto al mondo", dedito allo studio, a meditazione e
preghiera, era stata l'intenzione annunciata dal Papa
dimissionario: una linea che ha sempre mantenuto, con
discrezione 'bavarese', interrotta solo dalle poche uscite
pubbliche, e nel 2016 da un paio di interviste e dal
libro-testamento "Ultime conversazioni" col giornalista tedesco
Peter Seewald con cui aveva già scritto "Luce del mondo".
A costituire un 'caso' - Ratzinger aveva già quasi 93 anni -
fu però l'uscita nel gennaio 2020, in Francia e poi in Italia,
del libro col prefetto per il Clero card. Robert Sarah, "Dal
profondo del nostro cuore", testo in cui i due autori
proclamavano le loro tesi radicalmente contrarie a ogni
innovazione sul celibato sacerdotale. C'era appena stato il
Sinodo sull'Amazzonia, in cui i vescovi avevano votato a
maggioranza la possibilità di forme di sacerdozio uxorato, cioè
il conferimento del presbiterato a persone sposate, proprio per
far fronte alle esigenze pastorali nelle impervie e sterminate
lande amazzoniche. Papa Bergoglio stava allora redigendo
l'esortazione post-sinodale e si era in attesa delle sue
decisioni sul tema, tanto che l'uscita del libro a quattro mani
- Ratzinger però a un certo punto tolse la sua firma come
co-autore - sembrò un tentativo di condizionare le scelte del
Pontefice in carica. Tentativo che, alla prova dei fatti,
riuscì, poiché nella sua 'Querida Amazonia' papa Francesco
scelse di non aprire ad alcun cambiamento sul celibato.
Da parte sua, Bergoglio ha sempre manifestato un rispetto
filiale per il suo predecessore, nonché vicinanza con frequenti
chiamate o visite. "E' come avere il nonno saggio in casa", ha
detto più volte per riconoscere il coraggio e il sostegno che
gli dava poter avere vicino a sé la "saggezza", l'"esperienza",
e la sterminata cultura teologica del Papa emerito. A cui
riconosceva anche di aver aperto con la sua coraggiosa rinuncia,
"atto di governo della Chiesa", una strada nuova: quella appunto
dei "Papi emeriti", che prima non esistevano, e che ora, col
prolungarsi della vita, diventavano una figura da mettere in
conto e anche da inquadrare canonicamente. A Benedetto, tra
l'altro, Francesco riconosceva di essere stato colui che aveva
aperto la lotta senza quartiere contro la pedofilia, già
portando avanti il 'caso Maciel' (fondatore dei Legionari di
Cristo) da cardinale, contro tutto e tutti, quando "non aveva
forza per imporsi".
Questa 'convivenza' di manifesta sintonia fu sottolineata da
ripetuti incontri: due immagini su tutte, quella del 23 marzo
2013 quando il neo-eletto Francesco si recò in visita a Castel
Gandolfo al Papa da poco 'emerito', che gli affidò lo scatolone
con l'inchiesta 'Vatileaks' dei suoi tre cardinali-007 Herranz,
Tomko e De Giorgi, e quella dell'8 dicembre 2015, apertura del
Giubileo straordinario della Misericordia, quando Francesco e
Benedetto varcano insieme, uno dopo l'altro, la Porta Santa di
San Pietro. Essa però non impedì che attorno alla presenza dei
due Papi si alimentassero le nostalgie dei 'ratzingeriani'
avversi alle innovazioni e riforme del successore, e dei
'sedevacantisti' per i quali la rinuncia di Benedetto XVI non
era valida, perché data non liberamente, come pure non valida
l'elezione di Bergoglio per una votazione annullata a causa di
una scheda in più.
Fecero discutere nel maggio 2016 anche le dichiarazioni del
segretario di Ratzinger e prefetto della Casa Pontificia, mons.
Georg Gaenswein, sul "ministero (petrino) allargato con un
membro attivo e uno contemplativo", e su Benedetto XVI "come se
avesse fatto un passo di lato per fare spazio al suo successore
e a una nuova tappa nella storia del Papato". Dichiarazioni in
qualche modo esplosive, che ridiedero, anche se brevemente, non
poca linfa ai detrattori di Bergoglio. Ma fu proprio lui,
interrogato il mese dopo dai giornalisti sul volo che lo
riportava a Roma dall'Armenia, a porre fine alle polemiche. "Ho
sentito - disse del Papa emerito -, che alcuni sono andati lì a
lamentarsi perché 'questo nuovo Papa...', e lui li ha cacciati
via! Con il migliore stile bavarese: educato, ma li ha cacciati
via". "Ma c'è un solo Papa", sentenziò, parlando del
predecessore come di "questo grande uomo di preghiera, di
coraggio che è il Papa emerito - non il secondo Papa - che è
fedele alla sua parola e che è un uomo di Dio. E' molto
intelligente, e per me è il nonno saggio a casa". (ANSA).