(di Manuela Tulli)
(ANSA) - CITTÀ DEL VATICANO, 14 MAG - Le armi distruggono
"ogni speranza di pace". Torna a ripeterlo oggi Papa Francesco
al Regina Coeli rivolgendo un pensiero all'Ucraina. Ha pregato
perché siano alleviate "le sofferenze della martoriata Ucraina e
di tutte le nazioni ferite dalle guerre e dalle violenze". E in
quella terza guerra mondiale a pezzi, come lui la definisce
sempre, in questi giorni arriva l'eco della recrudescenza del
conflitto in Medio Oriente. "Abbiamo assistito di nuovo a
scontri armati tra israeliani e palestinesi nei quali hanno
perso la vita persone innocenti, anche donne e bambini. Auspico
che la tregua appena raggiunta diventi stabile". E ha aggiunto:
"Che le armi tacciano, perché con le armi non si otterrà mai la
sicurezza, la stabilità, al contrario si continuerà a
distruggere anche ogni speranza di pace".
Il Papa insiste dunque sulla pace e sul dialogo. I timidi
risultati raggiunti, dopo l'incontro con il presidente ucraino
Volodymyr Zelensky, di fatto solo sul versante umanitario, non
fermano né il Papa né la diplomazia vaticana. D'altronde non è
la prima volta nella storia che l'incessante opera di
pacificazione della Santa Sede, una delle poche diplomazie che
parla sempre con tutti, trova dei momenti d'impasse. Nel 1991
Papa Wojtyla, unica voce forte contro la guerra in Iraq, non
riuscì a fermarla. Nel 1962, invece, l'appello di Giovanni XXIII
contribuì a far rientrare la crisi dei missili a Cuba e il
pericolo di una escalation nucleare. È la storia della
diplomazia vaticana che procede non solo con i grandi appelli ma
anche con i piccoli passi.
Uno di questi sarà ora riportare a casa i ventimila bambini
ucraini (ma potrebbero essere anche di più) deportati in Russia.
Un dossier al quale il Papa sta lavorando in prima persona, così
come ha fatto in questi mesi nella facilitazione dello scambio
di prigionieri dalle due parti. È un'operazione molto delicata
perché è su questo particolare crimine di guerra che la Corte
penale internazionale ha spiccato un mandato di cattura nei
confronti del presidente russo Vladimir Putin. Ma è un percorso
ad ostacoli, anche per la rispettata diplomazia della Santa
Sede, perché almeno un tentativo nei mesi passati è fallito.
Durante l'occupazione russa di Kherson, il Vaticano, secondo
quanto riferito da fonti autorevoli, si era mobilitato per il
trasferimento degli orfani in altre zone più tranquille
dell'Ucraina. Le autorità russe, che in quel momento occupavano
la regione, acconsentirono all'operazione ma poi all'ultimo
momento fecero marcia indietro e successivamente si è saputo che
quei bambini furono invece trasferiti in Crimea. Lo aveva
riferito a fine ottobre 2022 il capo della Chiesa
greco-cattolica Sviatoslav Shevchuk: "Abbiamo ricevuto
informazioni che 46 ospiti della Casa del Bambino di Kherson
sono stati deportati con la forza a Simferopol", aveva
denunciato.
Come anche si è saputo solo di recente di una disponibilità
del Papa ad andare a Mariupol per fare da garante nei momenti
dell'evacuazione dell'acciaieria Azovstal, come rivelato un mese
fa dal Nunzio a Kiev, mons. Visvaldas Kulbokas. Ma anche questa
missione fu impedita.
Ora si attendono invece i risultati di quella missione
"ancora non pubblica", e sulla quale resta il massimo riserbo,
anticipata dallo stesso Papa nel volo di ritorno dall'Ungheria.
(ANSA).