Soddisfatta per l'approvazione
definitiva della legge sull'equo compenso per i professionisti,
l'Unione nazionale delle Camere civili segnala che restano,
però, "tre questioni irrisolte che meritano una ulteriore
riflessione". La prima riguarda la retroattività della
provvedimento, che l'avvocatura auspica, ma che "si scontra
apparentemente" con un articolo delle disposizioni transitorie,
secondo cui le norme sull'equo compenso" non si applicherebbero
alle prestazioni professionali non ancora svolte". Una
"stortura" che, si sostiene, potrebbe essere corretta "da una
interpretazione equa delle norme".
La seconda riflessione si lega all'indennizzo che il giudice può
liquidare al professionista che ha dovuto subire un trattamento
non equo e ad un'altra norma che prevede che lo stesso
professionista debba subire una sanzione disciplinare. "Sarebbe
la prima volta che verrebbe sanzionata la vittima di un sopruso
e non chi l'ha compiuto. Speriamo che serva soltanto a spezzare
il vincolo di omertà che può legare il professionista al cliente
che abusa, e che poi finisca rapidamente nel dimenticatoio",
auspicano i civilisti. La terza considerazione riguarda il
futuro della professione forense. "Se davvero le vecchie
convenzioni restassero invariate in eterno, pure per gli
incarichi futuri, si bloccherebbe il ricambio generazionale:
banche e assicurazioni cercherebbero di mantenere in vita il
rapporto con i vecchi avvocati, pur di conservare il loro potere
negoziale. Coloro che hanno un forte potere contrattuale
sarebbero così salvi: l'equo compenso non li toccherebbe",
termina la nota degli avvocati.
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