A teatro per ribaltare gli
stereotipi. Carlotta Vagnoli, scrittrice, conduttrice e
attivista, inaugura la rassegna Pezzi Unici del Cedac con Le
solite stronze: un ironico monologo di cui è autrice e
interprete, con drammaturgia sonora di Francesco Medda
Arrogalla, produzione Mismaonda, in scena domenica 20 ottobre
alle 19 al Teatro Massimo di Cagliari.
Nello spettacolo si alternano "un discorso più leggero,
pungente e sarcastico e un ragionamento più profondo, per
indagare e comprendere cosa significhi essere donne oggi" ,
spiega all'ANSA l'autrice di Maledetta Sfortuna, Poverine e
Memoria delle mie puttane allegre, che nell'Isola ha presentato
anche il suo primo romanzo, Animali Notturni. "Uno sguardo
transfemminista può dare molto a tutte le forme d'arte, perché
corrisponde al mondo che stiamo vivendo", sottolinea Vagnoli,
impegnata da anni nella formazione degli adolescenti sulle
questioni di genere.
Portando in scena Le solite stronze l'artista parte "dagli
stereotipi con cui cresciamo e di cui è difficile liberarsi: non
sembra possibile che la donna angelicata sia un modello
fondativo femminile nell'era digitale". Nell'affermare di essere
"le solite stronze", secondo la visione maschilista e
patriarcale, e quindi donne non sottomesse, polemiche e
volitive, contro corrente e libere, cioè disturbanti, che non
hanno paura di parlare in pubblico, si rompono le gabbie in cui
nessuna aveva voglia di stare.
Storie di 'donne di carta' come Emma Bovary e Anna Karenina,
Catherine Earnshaw di Cime Tempestose e figure di spicco della
cultura e della politica, da Michela Murgia a Carola Rackete, da
Laura Boldrini a Elena Gianini Belotti e Sanna Marin.
Accendere un faro sugli stereotipi significa affrontare anche
il tema del linguaggio. "Il mondo cambia attraverso le parole -
afferma l'artista - lo vediamo con i femminili singolari e le
nuove forme inclusive: il linguaggio riflette la società. Il
teatro è il posto perfetto per ritrovare il senso di
complessità, dove il pubblico vive e partecipa alle storie
raccontate: è la forma d'arte più democratica che ci sia".
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