Finanzieri del comando provinciale
di Catania hanno eseguito una verifica fiscale nei confronti di
una società per azioni, con sede legale a Catania, operante nel
settore del trattamento e smaltimento di rifiuti non pericolosi,
rilevando una serie di violazioni alla normativa tributaria e
ricostruendo una maggiore base imponibile ai fini delle imposte
sui redditi e dell'Irap per oltre 95 milioni di euro nonché
un'Iva evasa pari a 1,8 milioni di euro. A conclusione
dell'ispezione i militari hanno denunciato alla Procura il
titolare dell'azienda e i rappresentanti delle società che
hanno emesso le fatture "false", rispettivamente, per il reato
di dichiarazione fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture per
operazioni inesistenti e per il reato di emissione di fatture
per operazioni inesistenti.
L'attività ispettiva trae origine da un'indagine di
polizia giudiziaria conclusa con l'esecuzione di un'ordinanza
applicativa di misure cautelari personali e reali, emessa dal
gip su richiesta della Procura nei confronti di 9 indagati,
compreso il legale rappresentante dell'azienda e suoi familiari
e collaboratori, a vario titolo indagati per associazione a
delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, frode
nelle pubbliche forniture e corruzione per atti contrari ai
doveri d'ufficio.
Secondo militari del nucleo Pef delle Fiamme gialle la
società, dal 2018 al 2020, avrebbe omesso di fatturare ricavi
per circa 3,5 milioni di euro derivanti dal conferimento nel
proprio impianto di compostaggio di ingenti quantità di rifiuti
umidi da parte di altra impresa, appartenente alla medesima
compagine societaria. Finanzieri hanno riscontrato che, nello
stesso periodo, la società ha dedotto indebitamente spese
relative sia a una serie di fatture contabilizzate per il
trasporto mai avvenuto di materiale inerte sia ai cosiddetti
"costi da reato", ovvero quegli oneri, calcolati in oltre 90
milioni di euro, che l'impresa ha indicato in bilancio a fronte
dell'attività di illecito smaltimento dei rifiuti. Secondo
l'accusa i rifiuti organici introdotti in discarica venivano
spesso riversati direttamente nelle vasche di abbancamento senza
subire il necessario trattamento di biostabilizzazione, della
durata di circa 15-20 giorni, riducendone indebitamente l'intero
ciclo di lavorazione e, al contempo, aumentando la capacità
dell'impresa di trattare una maggiore quantità di prodotto, con
conseguenti maggiori guadagni. Sono stati inoltre individuati
molteplici casi di sovrafatturazione con l'emissione di fatture
gonfiate su spese mai sostenute.
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