Era uno dei killer "più spietati" della faida di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria.
A causa di un male incurabile e aggressivo, adesso, va ai domiciliari Ernesto Fazzalari, il boss della 'ndrangheta arrestato a Molochio nel giugno 2016 quando era il latitante più ricercato dopo Matteo Messina Denaro.
Lo ha deciso il Tribunale di Sorveglianza di Bologna dopo che la Corte di Cassazione, accogliendo i ricorsi dell'avvocato Antonino Napoli, ha annullato ben tre ordinanze di rigetto del differimento della pena o della concessione della detenzione domiciliare, una emessa dal Tribunale di Sorveglianza di L'Aquila e due ordinanze emesse dal Tribunale di Sorveglianza di Bologna, in seguito al trasferimento del Fazzalari presso il centro diagnostico e terapeutico del carcere di Parma.
Sottoposto da 9 anni al carcere duro, Ernesto Fazzalari era stato condannato alla pena dell'ergastolo, poi ridotta a 30 anni, nel processo "Taurus" dove i magistrati lo descrivono come uno dei massimi esponenti della cosca Avignone-Zagari-Viola. Alias "u Lentu", il boss è stato uno dei protagonisti della faida che, a cavallo tra gli anni '80 e '90, ha trasformato Taurianova nel teatro di una degli scontri più sanguinari tra i clan di 'ndrangheta.
Erano i tempi in cui, nella piazza del piccolo paese della Piana di Gioia Tauro, i boss tagliavano le teste per poi utilizzarle per il tiro al bersaglio. Ernesto Fazzalari "sparava come un pazzo" ed è condannato per associazione mafiosa, per l'omicidio di Vincenzo Maisano e di Francesco Asciutto e per il tentato omicidio di Antonio Sorrento e Santo Asciutto.
Classe 1969, all'epoca aveva solo 20 anni ma rappresentava già "proprio per le sue doti personali - si legge nella sentenza - la vittima privilegiata in tutti i progetti omicidiari del gruppo Asciutto che lo riteneva essenziale per la sopravvivenza degli avversari". F
azzalari, infatti, era un punto di riferimento del gruppo Zagari al quale lo legavano "intensi rapporti di frequentazione, motivati anche da amicizia personale" oltre che "una disgraziata condizione di tossicodipendenza" dalla quale l'ex latitante era riuscito a uscirne "grazie alla sua forza di volontà".
Quando è stato catturato in un complesso di caseggiati a ridosso dell'Aspromonte, il boss era armato ma non ha opposto resistenza. I carabinieri lo cercavano da oltre 20 anni ed era stato inserito al secondo posto, dietro il solo Matteo Messina Denaro, nell'elenco dei latitanti di massima pericolosità. Mentre era al 41 bis gli è stata diagnosticata una grave patologia che ha indotto la difesa, rappresentata dall'avvocato Antonino Napoli, a chiedere il differimento della pena o la detenzione domiciliare sul presupposto che da alcune recenti sentenze emergeva che dell'operatività di Fazzalari Ernesto, quale capo di una cosca, non si aveva dimostrazione concreta nel periodo antecedente alla sua cattura
. "Il Tribunale di Sorveglianza di Bologna - afferma il legale - concedendo la detenzione domiciliare ad Ernesto Fazzalari ha di fatto applicato il principio di civiltà giuridica che sancisce la prevalenza del diritto alla salute come garanzia della dignità del detenuto e dell'umanità della pena".
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