Non solo naufragio con l'aggravante
del terrorismo. Dopo l'analisi del greggio trasportato dalla
Seajewel, la petroliera battente bandiera maltese che la notte
tra il 14 e il 15 febbraio ha subito un attacco terroristico al
largo di Savona, la procura potrebbe contestare anche altri
reati. E potrebbe anche coordinarsi con i colleghi europei.
Se infatti dovesse emergere che il greggio trasportato è
russo ci sarebbe una violazione dell'embargo deciso all'indomani
dello scoppio del conflitto in Ucraina. In questo caso la norme
prevedono che le violazioni siano punibili con una pena massima
di sei anni. La reale provenienza del petrolio, oltre che dalle
analisi, può arrivare dalla ricostruzione della rotta
dell'imbarcazione, dal controllo dei certificati di origine
della merce e dalla documentazione presente a bordo. L'ipotesi
principale su cui lavorano gli investigatori della digos e della
capitaneria, coordinati dal procuratore capo Nicola Piacente e
dalla pm Monica Abbatecola della Dda, è quella di un sabotaggio
fatto da filo ucraini visto che la Seajewel era stata indicata
come legata alle flotte fantasma che aggirano l'embargo.
Dai primi rilievi degli artificieri e dei sub del Comsubin è
emerso che la prima esplosione ha fatto staccare il secondo
ordigno che così non ha potuto causare danni più gravi.
L'armatore della compagnia greca Thenamaris si è messo a
disposizione della magistratura per fornire documentazione o
informazioni utili. Venerdì la petroliera ha lasciato la Liguria
per raggiungere il porto del Pireo dove verrà riparata. Nel
corso delle ricognizioni gli artificieri e i sub hanno raccolto
e repertato materiale utile che dovrà ora essere analizzato nei
laboratori per risalire al tipo di esplosivo e di ordigno usato.
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