Un altro capolavoro dell'arte
napoletana torna a risplendere grazie a Friends of Naples. Dopo
secoli di vicissitudini e alterazioni, l'Annunciazione di
Francesco Guarino, preziosa testimonianza del Seicento,
custodita nella Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli a
Napoli, è stata riportata alla sua originaria bellezza.
Il restauro sarà presentato alla città sabato 15 marzo alle
17.00 alla presenza del monsignor Michele Autuoro, con la
scoperta di una targa commemorativa, seguita da una
presentazione fotografica che documenterà le fasi del restauro.
A seguire, sarà celebrata una messa in lingua ungherese.
L'intervento, promosso su segnalazione del parroco padre
Orlando Barba, è stato realizzato sotto l'alta sorveglianza
della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il
Comune di Napoli, con la preziosa opera del restauratore
Gianfranco Zarrillo. Il restauro è stato reso possibile grazie
al sostegno di Vittorio Genna, Console Onorario di Ungheria per
le Regioni Campania, Calabria e Puglia, nell'ambito del
programma Art Bonus, in virtù del quale la chiesa, pur
appartenendo al Comune di Napoli, è concessa in uso perpetuo
alla Curia.
L'Annunciazione, realizzata nel 1654, era stata per lungo
tempo erroneamente attribuita ad altri artisti, tra cui Giacomo
del Po. Un elemento di particolare interesse è lo stemma
nobiliare presente nell'angolo inferiore sinistro: uno scudo
raffigurante un leone rampante su fondo bianco e una banda
azzurra con tre conchiglie. Questo emblema, risalente
all'Ottocento, fu probabilmente aggiunto in occasione di un
matrimonio tra famiglie aristocratiche. La pulitura della
superficie pittorica ha rimosso sporco, ridipinture e
stratificazioni postume, riportandone alla luce la vivacità
cromatica originaria. Su indicazione della Soprintendenza, è
stata eseguita una rifoderatura con metodo strip lining,
eliminando i chiodi deteriorati e migliorando il tensionamento
della tela. Un'analisi iconografica ha permesso di mettere in
relazione il dipinto con altre opere di Guarino, tra cui la pala
d'altare della Collegiata di Solofra (1642), realizzata per la
famiglia Orsini.
Uno degli aspetti più delicati del restauro ha riguardato la
reintegrazione pittorica delle numerose microfratture e delle
perdite di colore. Il dipinto ha riacquistato la sua integrità,
restituendo pienamente la ricchezza luministica e il raffinato
gioco di chiaroscuri tipici di Guarino. Il restauro ha
consentito di riscoprire i dettagli originali dell'opera,
eliminando le sovrapposizioni successive e le alterazioni
causate dal tempo. Tra le criticità emerse, il danneggiamento
della pellicola pittorica, causato da un precedente
arrotolamento su rullo.
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